Ormai non esistono aggettivi per definire la cavalcata
del Napoli vissuta nell’anno che se ne va: straordinaria, sorprendente,
stratosferica. Terzo posto in classifica, ritorno in Champions dopo
ventuno anni, accesso agli Ottavi dopo aver superato un girone
infernale. Ricordi dolci ed indimenticabili. Ci sarebbe tutto da
conservare e di cui crogiolarsi. Ma la parola d’ordine di
De Laurentiis rimane la stessa: «Programmare, continuare a crescere,
guardare avanti». Il 2011 deve rappresentare solo uno splendido ciak di
un sceneggiatura tutta da scrivere, questo il pensiero del patron.
Investimenti sempre più mirati e lungimiranti. Individuato il regista e
trattenuto gli attori migliori, ora si pensa a completare il mosaico.
Senza mai perdere d’occhio quel bilancio che rappresenta il fiore
all’occhiello del club. Vargas, il primo. Ed entro giugno chissà chi
altro ancora. Un tassello per volta; un pezzo pregiato dietro l’altro
per ultimare quel mosaico che già brilla di luce propria.
De Laurentiis non ha fretta anche se le ambizioni sono forti.
Il Napoli nel giro di qualche anno dovrà competere in tutti i sensi con
le più rinomate potenze europee; dovrà attestarsi stabilmente in ambito
internazionale; accrescere il proprio ranking in Italia ed all’estero.
Ne ha le potenzialità. Viaggia con un timoniere illuminato cui non manca
coraggio d’impresa. Si ritrova alle spalle una tifoseria impagabile che
può contare su un seguito di oltre sei milioni di fan sparsi per il
globo. Ecco perché sulla scia di quanto raccolto nell’anno che se ne va
si può strizzare l’occhio al 2012 con giustificato ottimismo. Il gruppo
affidato a Mazzarri ha margini di crescita, può riconquistare posizioni
in campionato ed affrontare senza soggezione il Chelsea.
Il Napoli potrebbe diventare un colossal, se anche il prossimo ciak sarà
radioso come il precedente. Cin cin.
Presidente De Laurentiis, che anno è stato il 2011 per il Napoli?
«Un anno di grande crescita e di eccellenti risultati. Siamo arrivati
terzi in campionato conquistando la partecipazione in Champions. Ciò non
accadeva da ventuno anni. Abbiamo poi vissuto l’emozione di un
sorteggio difficilissimo. Ce la siamo giocata e siamo andati negli
Ottavi di finale contro il Chelsea. Mica male».
Quale il momento più esaltante della stagione?
«Quello dei due gol al Villarreal. L’impresa ritenuta da tutti
impossibile, era riuscita. Il girone della morte era stato superato.
Anche se di momenti belli ce ne sono stati tanti altri, come la rete del
vantaggio diCavani all’Ethiad Stadium o la doppietta nella gare di
ritorno sempre con il City».
Cosa si aspetta dal 2012?
«Mi aspetto di perfezionare sempre di più la squadra con innesti di
giovani di valore come Vargas in modo tale che tutto l’organico possa
crescere sempre di più attraverso un gioco spettacolare e divertente. Ma
anche con un organico che non subisca psicologicamente l’avversario in
modo tale da dominarlo e regalarci eccellenti risultati».
L’acquisto di Vargas presuppone l’apertura di una nuova fase progettuale del club?
«L’acquisto di Vargas non rappresenta nessuna nuova fase progettuale del
club. Ho sempre voluto investire su giocatori capaci di realizzare dei
gol: Lavezzi, Cavani, Pandev, Hamsik. E ora è il momento di Vargas che
quest’anno ha realizzato un bel bottino di gol».
E’ stato complicato soffiarlo alla concorrenza? C’è un segreto da rivelare della trattativa?
«No, perché siamo arrivati per primi: aveva capito che Napoli è una ribalta unica e non se la voleva perdere».
Come giudica il lavoro di Mazzarri? Pensa che gradirà lo sforzo
economico compiuto dalla società per il cileno e l’arricchimento del
parco attaccanti?
«Mazzarri apprezza sempre gli sforzi della società. E’ un fantastico
allenatore che sa valorizzare i calciatori. Con lui, chi non lo è ancora
diventa campione da Champions e i campioni da Champions riescono a
rendere e a brillare più che altrove. E’ un grosso motivatore. Con
Vargas farà benissimo. Ricordate cosa ha fatto con Cavani? Ha più che
raddoppiato il numero di gol. Con lui, Vargas farà numeri straordinari. E
poi, dobbiamo ancora far crescere i Fernandez, i Britos, i Fideleff».
Ritiene possibile recuperare posizioni in campionato? Qual è l’obiettivo finale?
«E’ ancora tutto da vedere. E’ molto lungo e con i tre punti per
vittoria è facile recuperare posizioni. Provare a stare tra i primi
cinque posti, questo il nostro obiettivo ma tutto si capirà verso fine
marzo».
Mercato di gennaio: resterete sempre vigili? Probabile qualche altra operazione?
«Ho sempre detto che il Napoli ha una finestra perennemente aperta sul
mercato e che eventuali acquisti si realizzano anche per utilizzarli
nella prossima stagione. Se esiste un vero affare, lo si fa anche
lasciando il giocatore per il momento lì dov’è».
Alla luce del calcio scommesse, viene avvalorata la sua tesi di rivedere le regole, non crede?
«Sì, le regole vanno riviste. Bisogna creare un tavolo per stabilire ciò
che funziona e ciò che non funziona. E quindi i correttivi da adottare.
Andrebbe aperto subito questo tavolo e invitare anche rappresentanti
del governo in modo da varare entro la fine di maggio una serie di
novità che possano garantire trasparenza e liceità al gioco del calcio».
Quale futuro dobbiamo attenderci dal calcio italiano? Dove ci stiamo dirigendo a livello europeo?
«Anche in Europa dobbiamo cambiare le regole. Tutto sta cambiando e se
non vogliamo affossare il calcio italiano e quello anche di altre
nazioni urgono interventi urgenti. Ci sarà bisogno di cambiamenti
epocali».
Cosa sente di augurare ai tifosi del Napoli? «Che il 2012 possa
portare a tutti i napoletani altri eccellenti risultati sportivi e tanta
serenità».
sabato 31 dicembre 2011
giovedì 29 dicembre 2011
Pertini e le sue grandi verità.
Gli è rimasto qualche desiderio. “Mi piacerebbe bere un caffettino”.
Ottiene una brodaglia nerastra allungata con l’acqua. Un fondo in cui
leggere e diluire passato e presente. Il campo adesso è un divano, la
mobilità un’illusione e l’orizzonte un muro di nebbia. “Ho tumori al
cervello, al rene e al polmone. Ho un glaucoma, sono cieco, mi hanno
operato decine di volte e dovrei essere già morto da anni. Nel 2005 i
medici mi diedero tre mesi di vita. E’ stato il calcio. Ne sono certo.
Con le sue anfetamine in endovena da assumere prima della partita e i
ritrovati sperimentali che ci facevano colare dalle labbra una bava
verde e stare in piedi, ipereccitati, per tre giorni. Ci sentivamo
onnipotenti. Stiamo cadendo come mosche”.
Ieri, abbattuto dalla leucemia se n’è andato anche Sergio Buso. Saltava da portiere nella Serie A degli anni 70. Quella raccontata da Carlo Petrini, centravanti di Genoa, Milan, Roma, Bologna e di altre stazioni passeggere: “Da mercenario che pensava solo a drogarsi, scopare, incassare assegni e alterare risultati”. Vinse, perse, barò. Scrisse libri su doping e calcioscommesse. Fece nomi e cognomi. Rimase solo. Il Carlo Petrini di ieri non c’è più. Il corpo che un tempo gli serviva per conquistare amori di contrabbando e tribune esigenti tra San Siro e il Paradiso, è un quotidiano inferno che gli presenta conti con gli interessi e cambiali da scontare.
A 63 anni, con il vento che scuote Lucca e non lo accarezza più, non c’è Natale o Epifania possibile. A metà conversazione, mentre lamenta l’abbandono di chi un tempo gli fu amico: “Ciccio Cordova, Morini, non mi chiama più nessuno”, un segno. Squilla il telefono. La voce di Franco Baldini. Il dirigente della Roma. Il nemico di Luciano Moggi. Petrini gli parla: “Ho fatto molta chemio. Sto cercando di superare il male. Io spero, Franco. Spero ancora”. Poi lacrima. In silenzio. Rumore di rimpianto. E di irreversibile.
Petrini, come si racconterebbe a chi non la conosce?
Un presuntuoso. Un coglione. Uno che credeva di essere un semidio e morirà come un disgraziato. Ero bello, forte, ricco, invidiato. Avevo tutto e ora non ho niente.
Perché?
I miei errori iniziarono a metà dei ’60, al Genoa. Siringhe. Sostanze. La chiamavano la bumba. Avevo 20 anni. Non smisi più. Il nostro allenatore, Giorgio Ghezzi, ex portiere dell’Inter, ci faceva fare strane punture prima della gara. Un liquido rossastro. Se vincevamo, si continuava. Altrimenti, nuovo preparato.
Cosa c’era dentro?
Mai saputo. L’anno dopo, disputammo a Bergamo lo spareggio per non retrocedere in C. Il tecnico Campatelli scelse cinque di noi come cavie. Stesso intruglio per tutti. Eravamo indemoniati. La punta, Petroni, sembrava Pelé. Vincemmo 2-0 e, in premio, ebbi il trasferimento al Milan.
Perché non vi ribellavate?
Venivamo da famiglie poverissime. Mio padre era morto a 40 anni, di Tetano. Rifiutare le punture, le pastiglie di Micoren o le terapie selvagge ai raggi X, significava essere eliminati. Fuori dal circo. Indietro, in cantina, senza ragazze o macchine di lusso. Nei nostri miserabili tinelli, con la puzza di aringa che mia madre metteva in tavola un giorno sì e l’altro anche.
Quindi continuò ad assumere sostanze proibite?
Ovunque andassi. A Roma il massaggiatore ce lo diceva ridendo: “A ragà, forza, fa parte der contratto”. A Milano, dove mi allenava Rocco, feci invece i raggi Roengten per guarire da uno strappo muscolare. Non so se Nereo sapesse. Con me aveva un rapporto particolare: “Testa de casso, se avessi il cervello saresti un campiòn”.
Di radiazioni Roengten, secondo la famiglia, morì anche Bruno Beatrice.
Fu mio compagno a Cesena, Bruno. Se ne andò a 39 anni, a causa di una rara forma di leucemia, tra agonie e sofferenze atroci. Come tanti, troppi altri.
Si muore di pallone?
Hanno sperimentato su di noi. Non ci curavano, ci uccidevano. Vorrei sapere con quali ausili gli eroi contemporanei disputano 70 incontri l’anno.
Lei insinua.
Affermo, ma non ho le prove. Nonostante l’impegno di Guariniello, hanno nascosto tutto. Ai nostri tempi le punture le faceva chiunque e un minuto dopo, sentivi un mostro che ti sollevava e ti faceva volare.
Chi ha nascosto tutto?
Allenatori, calciatori, presidenti. Il sistema che ancora foraggia con le elemosine quelli capaci di non tradire. Gente che ogni mattina si alza con la paura e che continua a tacere anche se oggi, grazie agli ‘aiutini’ farmacologici o è una lapide con un’incisione o recita da vegetale.
Di chi parla Petrini?
Di quel piccolo uomo di Sandro Mazzola, che ha smesso di parlare al fratello Ferruccio. Di Picchio De Sisti, che nega l’evidenza nonostante la malattia. O del commovente Stefano Borgonovo. Uno che sta molto male, aggredito dalla Sla e che continua a sostenere che il pallone non c’entri nulla. Se non mi facesse piangere, verrebbe da ridere.
E invece?
Sono triste. Vedendo come sei e come potresti essere, persino peggio di ora, ti vengono mille domande senza risposte. Parliamo di gente che non ha respirato amianto o fumi in miniera. Ha inseguito una sfera e muore nell’indifferenza in una guerra non dichiarata. Non sono un dottore, ma non può non esserci una relazione tra le mie malattie e quelle di altri calciatori.
Prova rancore?
A volte li sogno. Con i loro sorrisi falsi. Le loro bugie. Vorrei cancellarli. Non ci riesco.
Lei fu tra i protagonisti del primo calcioscommesse, quello della primavera 1980.
E oggi succede la stessa cosa. Partite combinate, risultati compromessi, soldi gestiti dalla camorra, dalla mafia, dalla ‘ndrangheta.
La ‘ndrangheta forse uccise Bergamini. Lei ci scrisse un libro.
Che è servito per riaprire l’inchiesta, dopo più di 20 anni. Bergamini era l’ingenuo, il ragazzo pulito, smarrito in una vicenda più grande di lui. La scoprì, provò a uscirne e lo fecero fuori. Dentro la sua squadra, il Cosenza, c’era chi organizzava traffici di droga. Bergamini era l’anello debole e fu suicidato.
Nel suo libro lei ha intervistato anche il compagno di stanza di Bergamini, Michele Padovano, appena condannato per traffico di stupefacenti. Il padre del calciatore Mark Iuliano lo ha chiamato in causa.
La sua condanna non mi stupisce. A fine intervista, Padovano si alzò di scatto, mi mandò a fare in culo e provò a distruggere la registrazione. Sono sicuro che lui sappia tutto della morte di Denis. Tutto. Bergamini ne subiva l’ascendente. Del padre di Iuliano non so cosa dire, su Mark si raccontavano tante cose, non solo sulla sua presunta tossicodipendenza. Si raccontava che mandasse baci alla panchina rivolti a Montero, un’ipotetica ‘prova’ della sua omosessualità.
Dica la verità. Lei ce l’ha con la Juve, fin dal 1980.
Al contrario. La salvai. Nell’ 80 giocavo con il Bologna. Bettega chiamò a casa di Savoldi e ci propose l’accordo. Tutto lo spogliatoio del Bologna, tranne Sali e Castronaro, scommise 50 milioni sul pareggio. Prima della partita, nel sottopassaggio, chiesi a Trapattoni e Causio di rispettare i patti: “Stai tranquillo, Pedro, calmati”, mi risposero.
Tutta la Juve sapeva?
Certo. Rivedetevi le immagini, sono su Youtube. Finì 1-1. Errore del nostro portiere, Zinetti e autogol di Brio. Bettega ce lo diceva, durante la partita: “State calmi, vi faccio pareggiare io”. La gente ci fischiava e tirava le palle di neve. Una farsa. Quando lo scandalo esplose, Boniperti e Chiusano mi dissero di scovare Cruciani e convincerlo a non testimoniare contro la Juve: se li avessi aiutati, loro avrebbero aiutato me. Fui di parola, incontrai Cruciani al cancello 5 di San Siro, ero mascherato. Una scena surreale. Lui accettò e la Juve si salvò dalla retrocessione. Ma alla fine pagai soltanto io.
Le è rimasta la possibilità di raccontare.
Neanche quella. Ho dato fastidio a gente potente. Mi hanno minacciato di morte e poi coperto con gli insulti. Per i Savoldi e i Dossena ero un bugiardo, per Rivera un pornografo. Se l’era presa perché lo descrivevo per quello che era, una fighetta. I miserabili sono loro. Mi impedirono di andare persino a parlare nelle scuole. Zitto dovevo stare, ma non ci sono riusciti.
E la scrittura?
Mi è rimasta solo quella. Il nuovo libro, Lucianone da Monticiano, è ancora su Moggi. Il mio compaesano. Uno che pur squalificato continua a ricattare e a fare il mercato di mezza Serie A. Ma non sarà l’ultimo.
Perché?
Mi dedicherò a ricordare mio figlio Diego. Morì a 19 anni di tumore, mentre chiedeva di vedermi e io ero in Francia, in fuga dai creditori. Non me lo sono mai perdonato. Gli farò un regalo. Proverò a sentirmi vivo. Sono distrutto e sofferente, ma non mollo. Vivere, ancora, mi piace.
Ci sarà tempo?
Non è detto. Penso sempre al giorno in cui ci sarà giustizia. Aspetto ma non viene mai.
di Malcom Pagani e Andrea Scanzi
da Il Fatto Quotidiano del 28 dicembre 2011
Ieri, abbattuto dalla leucemia se n’è andato anche Sergio Buso. Saltava da portiere nella Serie A degli anni 70. Quella raccontata da Carlo Petrini, centravanti di Genoa, Milan, Roma, Bologna e di altre stazioni passeggere: “Da mercenario che pensava solo a drogarsi, scopare, incassare assegni e alterare risultati”. Vinse, perse, barò. Scrisse libri su doping e calcioscommesse. Fece nomi e cognomi. Rimase solo. Il Carlo Petrini di ieri non c’è più. Il corpo che un tempo gli serviva per conquistare amori di contrabbando e tribune esigenti tra San Siro e il Paradiso, è un quotidiano inferno che gli presenta conti con gli interessi e cambiali da scontare.
A 63 anni, con il vento che scuote Lucca e non lo accarezza più, non c’è Natale o Epifania possibile. A metà conversazione, mentre lamenta l’abbandono di chi un tempo gli fu amico: “Ciccio Cordova, Morini, non mi chiama più nessuno”, un segno. Squilla il telefono. La voce di Franco Baldini. Il dirigente della Roma. Il nemico di Luciano Moggi. Petrini gli parla: “Ho fatto molta chemio. Sto cercando di superare il male. Io spero, Franco. Spero ancora”. Poi lacrima. In silenzio. Rumore di rimpianto. E di irreversibile.
Petrini, come si racconterebbe a chi non la conosce?
Un presuntuoso. Un coglione. Uno che credeva di essere un semidio e morirà come un disgraziato. Ero bello, forte, ricco, invidiato. Avevo tutto e ora non ho niente.
Perché?
I miei errori iniziarono a metà dei ’60, al Genoa. Siringhe. Sostanze. La chiamavano la bumba. Avevo 20 anni. Non smisi più. Il nostro allenatore, Giorgio Ghezzi, ex portiere dell’Inter, ci faceva fare strane punture prima della gara. Un liquido rossastro. Se vincevamo, si continuava. Altrimenti, nuovo preparato.
Cosa c’era dentro?
Mai saputo. L’anno dopo, disputammo a Bergamo lo spareggio per non retrocedere in C. Il tecnico Campatelli scelse cinque di noi come cavie. Stesso intruglio per tutti. Eravamo indemoniati. La punta, Petroni, sembrava Pelé. Vincemmo 2-0 e, in premio, ebbi il trasferimento al Milan.
Perché non vi ribellavate?
Venivamo da famiglie poverissime. Mio padre era morto a 40 anni, di Tetano. Rifiutare le punture, le pastiglie di Micoren o le terapie selvagge ai raggi X, significava essere eliminati. Fuori dal circo. Indietro, in cantina, senza ragazze o macchine di lusso. Nei nostri miserabili tinelli, con la puzza di aringa che mia madre metteva in tavola un giorno sì e l’altro anche.
Quindi continuò ad assumere sostanze proibite?
Ovunque andassi. A Roma il massaggiatore ce lo diceva ridendo: “A ragà, forza, fa parte der contratto”. A Milano, dove mi allenava Rocco, feci invece i raggi Roengten per guarire da uno strappo muscolare. Non so se Nereo sapesse. Con me aveva un rapporto particolare: “Testa de casso, se avessi il cervello saresti un campiòn”.
Di radiazioni Roengten, secondo la famiglia, morì anche Bruno Beatrice.
Fu mio compagno a Cesena, Bruno. Se ne andò a 39 anni, a causa di una rara forma di leucemia, tra agonie e sofferenze atroci. Come tanti, troppi altri.
Si muore di pallone?
Hanno sperimentato su di noi. Non ci curavano, ci uccidevano. Vorrei sapere con quali ausili gli eroi contemporanei disputano 70 incontri l’anno.
Lei insinua.
Affermo, ma non ho le prove. Nonostante l’impegno di Guariniello, hanno nascosto tutto. Ai nostri tempi le punture le faceva chiunque e un minuto dopo, sentivi un mostro che ti sollevava e ti faceva volare.
Chi ha nascosto tutto?
Allenatori, calciatori, presidenti. Il sistema che ancora foraggia con le elemosine quelli capaci di non tradire. Gente che ogni mattina si alza con la paura e che continua a tacere anche se oggi, grazie agli ‘aiutini’ farmacologici o è una lapide con un’incisione o recita da vegetale.
Di chi parla Petrini?
Di quel piccolo uomo di Sandro Mazzola, che ha smesso di parlare al fratello Ferruccio. Di Picchio De Sisti, che nega l’evidenza nonostante la malattia. O del commovente Stefano Borgonovo. Uno che sta molto male, aggredito dalla Sla e che continua a sostenere che il pallone non c’entri nulla. Se non mi facesse piangere, verrebbe da ridere.
E invece?
Sono triste. Vedendo come sei e come potresti essere, persino peggio di ora, ti vengono mille domande senza risposte. Parliamo di gente che non ha respirato amianto o fumi in miniera. Ha inseguito una sfera e muore nell’indifferenza in una guerra non dichiarata. Non sono un dottore, ma non può non esserci una relazione tra le mie malattie e quelle di altri calciatori.
Prova rancore?
A volte li sogno. Con i loro sorrisi falsi. Le loro bugie. Vorrei cancellarli. Non ci riesco.
Lei fu tra i protagonisti del primo calcioscommesse, quello della primavera 1980.
E oggi succede la stessa cosa. Partite combinate, risultati compromessi, soldi gestiti dalla camorra, dalla mafia, dalla ‘ndrangheta.
La ‘ndrangheta forse uccise Bergamini. Lei ci scrisse un libro.
Che è servito per riaprire l’inchiesta, dopo più di 20 anni. Bergamini era l’ingenuo, il ragazzo pulito, smarrito in una vicenda più grande di lui. La scoprì, provò a uscirne e lo fecero fuori. Dentro la sua squadra, il Cosenza, c’era chi organizzava traffici di droga. Bergamini era l’anello debole e fu suicidato.
Nel suo libro lei ha intervistato anche il compagno di stanza di Bergamini, Michele Padovano, appena condannato per traffico di stupefacenti. Il padre del calciatore Mark Iuliano lo ha chiamato in causa.
La sua condanna non mi stupisce. A fine intervista, Padovano si alzò di scatto, mi mandò a fare in culo e provò a distruggere la registrazione. Sono sicuro che lui sappia tutto della morte di Denis. Tutto. Bergamini ne subiva l’ascendente. Del padre di Iuliano non so cosa dire, su Mark si raccontavano tante cose, non solo sulla sua presunta tossicodipendenza. Si raccontava che mandasse baci alla panchina rivolti a Montero, un’ipotetica ‘prova’ della sua omosessualità.
Dica la verità. Lei ce l’ha con la Juve, fin dal 1980.
Al contrario. La salvai. Nell’ 80 giocavo con il Bologna. Bettega chiamò a casa di Savoldi e ci propose l’accordo. Tutto lo spogliatoio del Bologna, tranne Sali e Castronaro, scommise 50 milioni sul pareggio. Prima della partita, nel sottopassaggio, chiesi a Trapattoni e Causio di rispettare i patti: “Stai tranquillo, Pedro, calmati”, mi risposero.
Tutta la Juve sapeva?
Certo. Rivedetevi le immagini, sono su Youtube. Finì 1-1. Errore del nostro portiere, Zinetti e autogol di Brio. Bettega ce lo diceva, durante la partita: “State calmi, vi faccio pareggiare io”. La gente ci fischiava e tirava le palle di neve. Una farsa. Quando lo scandalo esplose, Boniperti e Chiusano mi dissero di scovare Cruciani e convincerlo a non testimoniare contro la Juve: se li avessi aiutati, loro avrebbero aiutato me. Fui di parola, incontrai Cruciani al cancello 5 di San Siro, ero mascherato. Una scena surreale. Lui accettò e la Juve si salvò dalla retrocessione. Ma alla fine pagai soltanto io.
Le è rimasta la possibilità di raccontare.
Neanche quella. Ho dato fastidio a gente potente. Mi hanno minacciato di morte e poi coperto con gli insulti. Per i Savoldi e i Dossena ero un bugiardo, per Rivera un pornografo. Se l’era presa perché lo descrivevo per quello che era, una fighetta. I miserabili sono loro. Mi impedirono di andare persino a parlare nelle scuole. Zitto dovevo stare, ma non ci sono riusciti.
E la scrittura?
Mi è rimasta solo quella. Il nuovo libro, Lucianone da Monticiano, è ancora su Moggi. Il mio compaesano. Uno che pur squalificato continua a ricattare e a fare il mercato di mezza Serie A. Ma non sarà l’ultimo.
Perché?
Mi dedicherò a ricordare mio figlio Diego. Morì a 19 anni di tumore, mentre chiedeva di vedermi e io ero in Francia, in fuga dai creditori. Non me lo sono mai perdonato. Gli farò un regalo. Proverò a sentirmi vivo. Sono distrutto e sofferente, ma non mollo. Vivere, ancora, mi piace.
Ci sarà tempo?
Non è detto. Penso sempre al giorno in cui ci sarà giustizia. Aspetto ma non viene mai.
di Malcom Pagani e Andrea Scanzi
da Il Fatto Quotidiano del 28 dicembre 2011
mercoledì 28 dicembre 2011
Mazzarri a cuore aperto: “Difendo Napoli quando l’attaccano con i luoghi comuni. Non ho mai sbagliato una stagione in 10 anni di carriera”
Walter Mazzarri «Renzo Ulivieri mi volle a Napoli come vice (campionato 1998-99, ndr) e mi presentò così: vi ho portato un ragioniere. Perché io sono così. Ragiono e ragiono. E poi ragiono. Non capisco quelli che dicono: giocare in Borsa. Io non gioco, io i soldi li investo. Un giorno ho spiegato una mia idea a un direttore di banca e quello mi ha detto: lo sa, non ci avevo mai pensato».
Buongiorno, Mazzarri. Le dispiace se, al di là della sua natura pragmatica, la chiamo l’uomo dei sogni? Il suo, in panchina, è partito nel 2001, da Acireale, e dieci anni dopo l’ha portata con il Napoli in Champions League. «Dieci anni. E sa quante stagioni ho sbagliato? Nessuna. Lo scriva, lo scriva. A Reggio Calabria, quando ci siamo salvati partendo da -15, hanno fatto la festa e sa come l’hanno chiamata? Festa scudetto. Mi ha dato tanta soddisfazione. Dieci stagioni, zero sbagliate. È nei fatti».
Però ce ne saranno state di migliori e di peggiori. O no? «Io le vedo come un lungo filo, quello della mia carriera. Per giudicare un allenatore, così come dovrebbe avvenire per qualsiasi lavoro al mondo, bisogna tenere conto di tutto quello che uno ha fatto, non degli ultimi sei mesi. E poi bisognerebbe calcolare le carriere attraverso quella che io chiamo la classifica comparata».
E sarebbe? «Si prende il monte ingaggi di una squadra e lo si compara con il risultato ottenuto in classifica. Hai il monte ingaggi più alto e vinci il campionato: hai fatto il tuo. Hai il secondo e arrivi sesto: hai fallito. Hai il sesto e arrivi terzo: sei stato più bravo di chi ha vinto lo scudetto con uno squadrone».
Detta così sembra un discorso pro-Mazzarri.. «È un discorso logico, non ci sono né pro né contro. Mi permetto di fare il nome di Aronica perché è un ragazzo che conosco come le mie tasche e che ho portato dalla Reggina fino agli ottavi di Champions League. Aronica al Napoli guadagna poco più di quello che prendeva a Reggio Calabria. Però ha marcato Ribéry, Balotelli, Giuseppe Rossi..».
Chiaro. È più facile riuscirci con Thiago Silva, vero? «Capisco dove vuole arrivare. Mi vuole fare litigare con Allegri? I livornesi, i rivali, Milan-Napoli..».
Non vogliamo farla litigare con nessuno. È lei che ha detto che, tra colleghi, non ci può essere amicizia. «Lo pensano tutti, ma poi lo dico soltanto io. E dicono che sono antipatico, che non riconosco il merito altrui, che non so perdere..».
Però le dà più fastidio quando le dicono che il Napoli gioca bene solo in contropiede. «Certo, ma perché quella è una falsità bella e buona. Prima venivano a Napoli e se la giocavano, adesso si chiudono dietro in dieci e esultano per un pareggio. Anche le grandi squadre, sa? Ma per me è un vanto, vuole dire che siamo cresciuti in modo esponenziale».
Faccia uno sforzo: un allenatore che stima? «Mourinho».
Un altro mostro di simpatia. Riproviamo .«Mi piace Luis Enrique, ha le sue idee e tira dritto per la sua strada».
Però non ha fatto la gavetta, come Villas Boas che allena il Chelsea dopo un solo anno al Porto… «Che fa? Mi fa litigare anche con Villas Boas? Sa cosa invidio a Villas Boas?».
Il monte ingaggi? «Macché! Il clima che si respira nel calcio inglese. Io sono un combattente, ma in Italia a volte si esagera».
Lo stadio inglese, Stamford Bridge, lo rivedrà il 14 marzo. Emozionato? «Sarà un’esperienza indimenticabile, ma che ci siamo meritati. Torniamo alla classifica comparata: in che fascia eravamo al sorteggio?».
Quarta fascia, l’ultima. «Vede, vede. Allora abbiamo fatto un miracolo».
Il momento più importante di questo miracolo? «Ne dico due: le partite contro il Manchester City. All’andata abbiamo capito che in Champions non eravamo degli intrusi. Al ritorno abbiamo fatto la partita quasi perfetta. Perché per me la partita perfetta non esiste».
Avevamo questo sospetto. Mi dica, allora, il giocatore (quasi) perfetto. «Le dico quello dei miei che in pagella prende quasi sempre meno di quello che merita: Marek Hamsik. È un giovane vecchio, sa sempre quello che deve fare. Sempre quello che serve alla squadra».
Come vive Napoli, città piena di contraddizioni, meravigliosa e terribile? «La vivo poco, perché non esco. Vivo a Pozzuoli, vado sempre allo stesso ristorante dove so che potrò stare tranquillo. In città ci sarò stato un paio di volte. Però la difendo quando la attaccano e quando attaccano i napoletani, perché non sopporto i luoghi comuni».
I rapporti con il presidente De Laurentiis sono sempre buoni? Sa, quest’estate… «Buoni, buoni. Ma all’esterno c’è un gioco ad alzare sempre l’asticella, che non mi piace. Quando le cose vanno bene esce una voce, un sussurro, una maldicenza».
Ha una moglie e un figlio che non vivono con lei a Napoli. È il prezzo che ha dovuto pagare al calcio e, soprattutto, al suo modo di vivere il calcio? «Forse un giorno scriverò un libro. E, se lo farò, sarà per dire a mio figlio tante cose che non ho avuto modo di raccontargli in questi anni. La mia è una bella storia, sa?». Si offende se le diciamo che, dal vivo, sembra più simpatico? «No, semmai la ringrazio». (fonte Corriere del Mezzogiorno)
giovedì 22 dicembre 2011
Babbo Natale esiste, è…il mio Presidente!
Quando si ferma il calcio finisce sempre che la tua redazione di tifonapoli.it
ti chieda un pezzo su come sia andato l’anno sportivo. La stesura è
meno immediata del solito, ma assume dei valori umani che spesso
collimano ai limiti del concetto di una sfera effettata. E io mi ritrovo
qui, perso ad ondeggiare la mia mano contro la parete del soggiorno, da
me imbiancata in liberi giorni di disoccupazione, mentre la replica
di un 6-1 interagisce con ogni molecola della stessa stanza. Quei
colori, quei goal meravigliosi, quelle finte, quelle parabole
inaspettate di Walter e Camilo, sono trasmesse in ogni singola
particella e arrivano in alta definizione fino a modificare tutto quello
che mi circonda e tutto quello che sono e tutto quello che sente il mio
cuore.
E finisce che suono il mustacciolo, alla replica di una della reti, come se fosse una piccola trombetta blu; e il divano cocozza diventa azzurro, Zuniga si sbianca e diventa Del Piero, l’immenso Dossena fa il panchinaro, l’albero di Natale diventa un palo della porta e io con un casco imito Gargano-Lampard rischiando di sfondare tutto.
Quella sete di vittoria, come se in campo ci fosse ancora la Roma, è stata l’ennesima dimostrazione che il Napoli ha paura di se stesso, teme la sua forza e ancora forse non la conosce completamente. E’ pur sempre costruito per la singola partita, questo lo rende unico e insensato, folle e imprevedibile, capace di alternare risultati in un modo a dir poco eclatante.
Quest’anno non abbiamo vinto nulla, ma stiamo crescendo per imparare a farlo, per sentirci pronti a sfidare noi stessi nelle nostre case, pur di diventare tifosi migliori. E tifosi migliori siamo diventati così come si sono evoluti i nostri calciatori, i più bellicosi in Europa sono diventati rispettosi e concentrati nell’umanità del tifo, senza mai uscire dai confini, anche perché il 2011 di confini non ce ne ha disegnati.
L’augurio è di restare uniti, perché il calcio ha bisogno del Napoli e di quantificare il volume mediatico di questa crescente tifoseria, riscoprirla in giro per il mondo, unirla in un unico stadio, individuare una forza tifo dimenticata per alcuni istanti accartocciata in un’aula giudiziaria.
Questi sono i tempi dove Vargas scarta Chelsea e Inter per il Napoli e io sono parte di questa storia, così come tutti i singoli tifosi.
Quando i nostri giocatori capiranno di essere maturati forse cominceremo a vincere. Ma noi non andiamo di fretta, sappiamo aspettare il momento giusto, sappiamo chiedere a Babbo Natale De Laurentis, di farci sognare ancora.
Domenico Serra
E finisce che suono il mustacciolo, alla replica di una della reti, come se fosse una piccola trombetta blu; e il divano cocozza diventa azzurro, Zuniga si sbianca e diventa Del Piero, l’immenso Dossena fa il panchinaro, l’albero di Natale diventa un palo della porta e io con un casco imito Gargano-Lampard rischiando di sfondare tutto.
Quella sete di vittoria, come se in campo ci fosse ancora la Roma, è stata l’ennesima dimostrazione che il Napoli ha paura di se stesso, teme la sua forza e ancora forse non la conosce completamente. E’ pur sempre costruito per la singola partita, questo lo rende unico e insensato, folle e imprevedibile, capace di alternare risultati in un modo a dir poco eclatante.
Quest’anno non abbiamo vinto nulla, ma stiamo crescendo per imparare a farlo, per sentirci pronti a sfidare noi stessi nelle nostre case, pur di diventare tifosi migliori. E tifosi migliori siamo diventati così come si sono evoluti i nostri calciatori, i più bellicosi in Europa sono diventati rispettosi e concentrati nell’umanità del tifo, senza mai uscire dai confini, anche perché il 2011 di confini non ce ne ha disegnati.
L’augurio è di restare uniti, perché il calcio ha bisogno del Napoli e di quantificare il volume mediatico di questa crescente tifoseria, riscoprirla in giro per il mondo, unirla in un unico stadio, individuare una forza tifo dimenticata per alcuni istanti accartocciata in un’aula giudiziaria.
Questi sono i tempi dove Vargas scarta Chelsea e Inter per il Napoli e io sono parte di questa storia, così come tutti i singoli tifosi.
Quando i nostri giocatori capiranno di essere maturati forse cominceremo a vincere. Ma noi non andiamo di fretta, sappiamo aspettare il momento giusto, sappiamo chiedere a Babbo Natale De Laurentis, di farci sognare ancora.
Domenico Serra
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mercoledì 21 dicembre 2011
NAPOLI-GENOA 6-1. Un Napoli stellare chiude l’anno col botto!
Un Napoli stellare chiude l’anno col botto. Letteralmente strepitosa
la partita degli azzurri, che hanno travolto 6-1 un Genoa onestamente,
va detto, imbarazzante. Di Cavani (doppietta), Hamsik, Pandev, Gargano e
Zuniga i gol del trionfo partenopeo. Impeccabile il comportamento della
squadra, che non ha minimamente risentito dell’assenza di Lavezzi e
delle polemiche degli scorsi giorni legate alla sconfitta contro la
Roma.
CAMPAGNARO: primo tenpo di grande sofferenza contro Caracciolo. ha bisogno di fermarsi un po’. Le vacanze arrivano al momento giusto. VOTO: 5
CANNAVARO: il capitano ha giocato senza sbavature, dando ordine al pacchetto arretrato. VOTO: 6
ARONICA: dopo un inizio un po’ difficile prende le misure su Pratto, proponendosi anche discretamente in fase di appoggio al centocampo. VOTO: 6
MAGGIO: meno brillante del solito, meno sciolto nella corsa e poche incursioni nell’area avversaria. Ma non gli si possono contestare errori. VOTO: 6
GARGANO: avesse un piede più preciso sarebbe il massimo. Molto generoso, alza il ritmo del gioco correndo su ogni pallone. Suo un assist. E poi segna anche un gran bel gol. VOTO: 7.5 (dal 59° DZEMAILI: sss
INLER: anche contro il Genoa non esce dal limbo di un gioco piuttosto scolastico. Tutti sappiamo che può dare di più. Comunque mantiene bene la posizione, recuperando qualche pallone davanti alla difesa. VOTO: 6
ZUNIGA: Preferito ancora una volta a Dossena, dimostra a Mazzarri di aver scelto giusto. Parte benissimo, ubriacando di dribbling il pur esperto Mesto. Nella ripresa. complice anche il risultato, si fa vedere di meno, fino a sfoderare un gol fantastico. VOTO: 8
HAMSIK: il campioncino slovacco lascia il segno, con una prestazione più determinata di altre. Bellissimo il gol, soprattutto per la caparbietà messa in mostra nel battere a porta. Firma anche due assist. VOTO: 8
PANDEV: molto bravo, ha un piede bellissimo. Tecnicamente è forse l’azzurro che mostra di avere più classe di tutti. Si attarda un po’ troppo in occasione del rigore negatogli, ma segna una rete e fa vedere numeri d’alta scuola. Pensate: non ha fatto rimpiangere il Pocho! VOTO: 8 (dal 75° LUCARELLI: finalmente gli viene concesso un quarto d’ora di gioco. SENZA VOTO)
CAVANI: due gol realizzati con grande freddezza. Splendido il secondo, con un beffardo pallonetto. Se non avesse sprecato un paio di ottime occasioni, avrebbe meritato il 10. VOTO: 8
All. MAZZARRI: i ragazzi giocano anche per lui, dopo le polemiche di questi giorni, e lo dimostrano cercando il suo abbraccio dopo ogni gol. Il suo Napoli sovrasta il Genoa. VOTO: 8
Antonello e Luca Perillo
LA PAGELLA DI AZZURRISSIMO
DE SANCTIS: impegnato pochissimo, non ha colpe evidenti sul gol incassato. VOTO: 6CAMPAGNARO: primo tenpo di grande sofferenza contro Caracciolo. ha bisogno di fermarsi un po’. Le vacanze arrivano al momento giusto. VOTO: 5
CANNAVARO: il capitano ha giocato senza sbavature, dando ordine al pacchetto arretrato. VOTO: 6
ARONICA: dopo un inizio un po’ difficile prende le misure su Pratto, proponendosi anche discretamente in fase di appoggio al centocampo. VOTO: 6
MAGGIO: meno brillante del solito, meno sciolto nella corsa e poche incursioni nell’area avversaria. Ma non gli si possono contestare errori. VOTO: 6
GARGANO: avesse un piede più preciso sarebbe il massimo. Molto generoso, alza il ritmo del gioco correndo su ogni pallone. Suo un assist. E poi segna anche un gran bel gol. VOTO: 7.5 (dal 59° DZEMAILI: sss
INLER: anche contro il Genoa non esce dal limbo di un gioco piuttosto scolastico. Tutti sappiamo che può dare di più. Comunque mantiene bene la posizione, recuperando qualche pallone davanti alla difesa. VOTO: 6
ZUNIGA: Preferito ancora una volta a Dossena, dimostra a Mazzarri di aver scelto giusto. Parte benissimo, ubriacando di dribbling il pur esperto Mesto. Nella ripresa. complice anche il risultato, si fa vedere di meno, fino a sfoderare un gol fantastico. VOTO: 8
HAMSIK: il campioncino slovacco lascia il segno, con una prestazione più determinata di altre. Bellissimo il gol, soprattutto per la caparbietà messa in mostra nel battere a porta. Firma anche due assist. VOTO: 8
PANDEV: molto bravo, ha un piede bellissimo. Tecnicamente è forse l’azzurro che mostra di avere più classe di tutti. Si attarda un po’ troppo in occasione del rigore negatogli, ma segna una rete e fa vedere numeri d’alta scuola. Pensate: non ha fatto rimpiangere il Pocho! VOTO: 8 (dal 75° LUCARELLI: finalmente gli viene concesso un quarto d’ora di gioco. SENZA VOTO)
CAVANI: due gol realizzati con grande freddezza. Splendido il secondo, con un beffardo pallonetto. Se non avesse sprecato un paio di ottime occasioni, avrebbe meritato il 10. VOTO: 8
All. MAZZARRI: i ragazzi giocano anche per lui, dopo le polemiche di questi giorni, e lo dimostrano cercando il suo abbraccio dopo ogni gol. Il suo Napoli sovrasta il Genoa. VOTO: 8
Antonello e Luca Perillo
Il gemellaggio gestito e protetto da due splendide tifoserie
Grandi nelle gambe, deboli nella mente. Il Napoli ha paura di se
stesso, ha perso un po’ la sua gamba e teme il suo animo lontano dalla
Champions league.
E’ cresciuto, ha affrontato le sue paure e superato immensi ostacoli, ma questa crescita l’ha messo dinanzi ad un pauroso bivio.
Non possiamo sapere che strada percorrerà. Ha perso un po’ di contatto in un campionato che vacilla, ma il tempo per rimediare c’è.
La sfida Napoli – Genoa ha sempre un sapore particolare. Mai un legame profondo tra i ventidue in campo, negli anni mi è sempre sembrata una profonda esagitazione irriverente nei confronti di tifosi mescolati tra i settori, che sono l’essenza pure del gemellaggio e fingono spesso di non guardare quello che fanno i calciatori per cercare di scinderlo.
Questo gemellaggio ha un’anima, come se un croupier abile ne avesse mescolato le carte ad una ad una, un genoano, un napoletano, un genoano e un napoletano. Così come i sediolini, così come se un grifone ed un asinello si amassero all’ingresso del San Paolo.
Eppur mi chiedo cosa sarebbe accaduto se quel pareggio non avesse decretato un contemporaneo ritorno nella massima serie? O quei criptici rimpianti causanti divisioni da Lavezzi a Milito fino a Criscito, dove c’avrebbero portato se non ci fossero state due tifoserie così solide?
Spero che questa volta il risultato dica la verità, che non ci siano supposizioni arbitrali, in una settimana durante la quale ci siamo goduti eventi schifosi come di capelli neri e lunghi in fuga da un arresto o eventi epocali come il piano politico sportivo di Micheli per trasformare il suo lavoro in una concretezza chiamata Vargas.
Godiamoci questo derby con lo spirito giusto, cerchiamo di vincere senza Lavezzi e con Gianluca Grava in campo, questa squadra necessita della sua rabbia agonistica. Lui ha la strada mentale per ridare la carica al Napoli e poi io lo tengo al fantacalcio. Pensaci Walter.
Domenico Serra
E’ cresciuto, ha affrontato le sue paure e superato immensi ostacoli, ma questa crescita l’ha messo dinanzi ad un pauroso bivio.
Non possiamo sapere che strada percorrerà. Ha perso un po’ di contatto in un campionato che vacilla, ma il tempo per rimediare c’è.
La sfida Napoli – Genoa ha sempre un sapore particolare. Mai un legame profondo tra i ventidue in campo, negli anni mi è sempre sembrata una profonda esagitazione irriverente nei confronti di tifosi mescolati tra i settori, che sono l’essenza pure del gemellaggio e fingono spesso di non guardare quello che fanno i calciatori per cercare di scinderlo.
Questo gemellaggio ha un’anima, come se un croupier abile ne avesse mescolato le carte ad una ad una, un genoano, un napoletano, un genoano e un napoletano. Così come i sediolini, così come se un grifone ed un asinello si amassero all’ingresso del San Paolo.
Eppur mi chiedo cosa sarebbe accaduto se quel pareggio non avesse decretato un contemporaneo ritorno nella massima serie? O quei criptici rimpianti causanti divisioni da Lavezzi a Milito fino a Criscito, dove c’avrebbero portato se non ci fossero state due tifoserie così solide?
Spero che questa volta il risultato dica la verità, che non ci siano supposizioni arbitrali, in una settimana durante la quale ci siamo goduti eventi schifosi come di capelli neri e lunghi in fuga da un arresto o eventi epocali come il piano politico sportivo di Micheli per trasformare il suo lavoro in una concretezza chiamata Vargas.
Godiamoci questo derby con lo spirito giusto, cerchiamo di vincere senza Lavezzi e con Gianluca Grava in campo, questa squadra necessita della sua rabbia agonistica. Lui ha la strada mentale per ridare la carica al Napoli e poi io lo tengo al fantacalcio. Pensaci Walter.
Domenico Serra
martedì 20 dicembre 2011
Mazzarri: "Voci infondate sulle mie dimissioni. Così spaccate l'ambiente! Vargas? Quando arriva, commenteremo insieme
Walter Mazzarri nella consueta conferenza stampa pregara in
vista della sfida tra Napoli e Genoa, ammette la dura sconfitta con la
Roma e invita tutti a guardare avanti. Sarà vendetta già contro il
Genoa? Ecco quanto evidenziato da AreaNapoli.it: "Mi brucia aver
perso in casa contro la Roma, era una partita alla quale tenevo
tantissimo e adesso abbiamo l'opportunità di cercare subito la rivincita
domani contro il Genoa. E' un momento dove ci gira tutto storto e
dobbiamo avere la forza di trovare l'episodio che ci faccia svoltare.
Abbiamo la tegola di Lavezzi, un giocatore che non si fa male mai,
l'abbiamo perso in quel modo, adesso dobbiamo fare tutti bene e sperare
che questo difficile momento ce lo possiamo lasciare alle spalle già
domani sera. Da parte nostra dobbiamo stare un pochino attenti a certe
situazioni, con la Roma si diceva che eravamo favorite e questa cosa noi
non dobbiamo mai pensarla. L'anno scorso eravamo noi quelli che stavano
attenti a tutto contro la Roma, erano loro i favoriti. Nei particolari
che fanno la differenza siamo stati leggeri, in fase difensiva. E parlo
di fase, non di difesa. E' tutta la squadra che fa la fase difensiva.
Bisognerà ritrovare quello stimolo, di avere quel pizzico di paura come
quando giochiamo in Champions, solo allora i conti torneranno. Le mie
dimissioni dopo il Villarreal? Non capisco perchè escono adesso queste
voci e non prima. Io non capisco questa stampa, perchè dopo le sconfitte
si sentono queste cose assurde. Anzichè fare quadrato e gruppo per
salire tutti insieme, si cerca invece di destabilizzare l'ambiente.
L'assurdità che è girata ieri è uguale a quella del match prima del
Villarreal, che io e Bigon saremmo stati contattati dagli spagnoli per
rifondare la squadra. E guarda caso, adesso, viene fuori la voce che io
avrei richiesto le dimissioni dopo il Villarreal, perchè adesso abbiamo
perso contro la Roma. Io non vi capisco. Questa partita è andata male,
si sono sbagliate cose che possono sbagliare tutti, come nel caso del
primo gol di Lamela, abbiamo avuto anche l'allenatore avversario che ha
ammesso che questa partita si poteva perdere, quindi non facciamo
drammi. Contro il Genoa non ci sarà bisogno di turnover fisico, quindi
anche per dare continuità e stimolare l'orgoglio se posso, farò giocare
tutti quelli che hanno giocato con la Roma. L'atteggiamento tattico? La
Roma non aveva la difesa a tre e abbiamo perso, facendo tante palle gol.
A volte contro le difese a tre abbiamo vinto e fatto benissimo. Noi
dobbiamo stare attenti a non farci fregare in contropiede, tentano di
farlo tutti quando noi schiacciamo l'avversario. Precedentemente abbiamo
vinto bene con il Lecce, con l'Udinese, con la Lazio moralmente
l'abbiamo vinta, non ci andò bene un pallone. Spero che domani entrerà
il pallone, ecco. Le statistiche ci dicono che quando partiamo sfavoriti
giochiamo con quel piglio e quell'umiltà che non accade quando partiamo
favoriti. Affrontare una squadra così forte come la Roma ci ha fatto
scattare nella testa la superficialità che ci ha fatto sbagliare la
partita, se io non faccio le cose in modo adrenalinico, sempre al mille
per mille, finirà sempre male. Ci siamo rilassati troppo, credevamo di
vincerla. Mi auguro che la fortuna ritorni dalla nostra parte. Ad inizio
ripresa con la Roma, eravamo partiti con più determinazione ma nel
momento nostro milgiore abbiamo subito il raddoppio di Osvaldo, senza
contare che avevamo pareggiato con Cavani e questo ha influito sulla
partita. A Novara, Hamsik e Dzemaili hanno fatto bene, solo che non
avendo vinto si è parlato di scelte sbagliate. Eduardo Vargas?
Innanzitutto ho sbagliato a parlarne perchè non dovrei farlo per
rispetto della squadra, dovevo mettere il disco e dire non parlo di
mercato. Anche perchè ripeto ho dei giocatori che, nel momento in cui
arriva uno nuovo, sarà penalizzato in automatico se gioca poco. Se entro
nello specifico? Facciamo così: quando arriva Vargas, commenterò meglio
tutto quello che mi chiederete".
Fonte: AreaNapoli.it
Fonte: AreaNapoli.it
domenica 18 dicembre 2011
Antonello Perillo: “Vargas, un grandissimo colpo di mercato. Ora battiamo la Roma per un Natale azzurrissimo…”
L’acquisto ormai certo di Eduardo Vargas esalta le ambizioni del
Napoli, confermando la voglia di crescere del club azzurro. Il giovane
fantasista cileno è stato strappato ai principali club europei. Pur di
ottenere le sue prestazioni, De Laurentiis ha deciso di investire oltre
dieci milioni di euro: una cifra considerevole per un ragazzo dalle
grandi potenzialità, ma il cui adattamento al calcio italiano è da
verificare. Lo dico subito, anzi lo sto dicendo da qualche settimana:
Vargas ha tutto per diventare una stella internazionale. Le doti
tecniche di “Turboman” sono fuori discussione; quelle fisiche lo
imporranno nel nostro calcio molto più rapidamente di quanto si possa
immaginare. E’ chiaro che spetta a Mazzarri dimostrare di saperlo
gestire, in una rosa che a questo punto non è importante: è
importantissima, lì in attacco. Insomma, complimenti al Napoli: a Bigon,
allo staff dello scouting, al presidente De Laurentiis. Godiamoci
questo grande, anzi grandissimo, colpo di mercato. A giugno, poi,
vedremo come il club partenopeo potrà ulteriormente rafforzare la rosa;
sperando che non ci siano cessioni importanti.
========
Un Natale azzurrissimo ce lo possono regalare anche Mazzarri e i suoi (e nostri) ragazzi. Il San Paolo può dare una grande mano. Battendo in rapida successione Roma e Genoa, il Napoli può tornare a volare anche in campionato. Troppi, 9 punti dalle prime. Talmente tanti, che io per primo non credo più nella possibilità di lottare per il tricolore: un traguardo che era alla portata della nostra squadra. Non c’è una sola squadra da “gufare”, davanti alla nostra: ce ne sono ben quattro.. Ma è pur vero che nel calcio, come nella vita, non bisogna mai dire mai. E comunque c’è sempre un terzo posto da conquistare, per non perdere confidenza con la Champions League. Contro la Roma mi aspetto una grandissima prova. Mazzarri si è sempre lamentato di non aver quasi mai avuto la possibilità di lavorare per una settimana intera sulla preparazione di una singola partita. Bene, l’occasione è arrivata ed il Napoli ha tutte le carte in regola per vincere: la squadra si è rigenerata dopo la qualificazione in Coppa, la Roma ha qualità ma è un cantiere aperto, l’ambiente azzurro è esaltato dal colpo Vargas. Mi attendo molto dai tre tenori. In particolare dal Pocho, al quale Vargas dovrà ispirarsi per incidere in modo indelebile, come già ha fatto il Pocho, il suo nome nella storia del nostro meraviglioso club. Il club del Dio del Calcio, uno scugnizzo nato anche lui per sbaglio in Sudamerica.
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Un Natale azzurrissimo ce lo possono regalare anche Mazzarri e i suoi (e nostri) ragazzi. Il San Paolo può dare una grande mano. Battendo in rapida successione Roma e Genoa, il Napoli può tornare a volare anche in campionato. Troppi, 9 punti dalle prime. Talmente tanti, che io per primo non credo più nella possibilità di lottare per il tricolore: un traguardo che era alla portata della nostra squadra. Non c’è una sola squadra da “gufare”, davanti alla nostra: ce ne sono ben quattro.. Ma è pur vero che nel calcio, come nella vita, non bisogna mai dire mai. E comunque c’è sempre un terzo posto da conquistare, per non perdere confidenza con la Champions League. Contro la Roma mi aspetto una grandissima prova. Mazzarri si è sempre lamentato di non aver quasi mai avuto la possibilità di lavorare per una settimana intera sulla preparazione di una singola partita. Bene, l’occasione è arrivata ed il Napoli ha tutte le carte in regola per vincere: la squadra si è rigenerata dopo la qualificazione in Coppa, la Roma ha qualità ma è un cantiere aperto, l’ambiente azzurro è esaltato dal colpo Vargas. Mi attendo molto dai tre tenori. In particolare dal Pocho, al quale Vargas dovrà ispirarsi per incidere in modo indelebile, come già ha fatto il Pocho, il suo nome nella storia del nostro meraviglioso club. Il club del Dio del Calcio, uno scugnizzo nato anche lui per sbaglio in Sudamerica.
venerdì 16 dicembre 2011
CHAMPIONS LEAGUE. Agli Ottavi di Finale il Napoli contro il Chelsea!
Il Napoli è stato sorteggiato contro il Chelsea di Vilas Boas, di Frank Lampard, di John Terry, di Didier Drogba.
LA SCHEDA DEL CHELSEA
Il ChelseaI Blues, come li chiamano dalle loro parti, sono reduci da una bella vittoria in campionato contro gli ormai famosi Citizens, ma non sono più la corazzata di qualche anno fa. Le ultime due stagioni sono state caratterizzate da troppi alti e bassi, e il nuovo profeta Vilas Boas, sembrava ai titoli di coda già qualche settimana fa. Lo special two non sta facendo miracoli, e il Chelsea non è in testa al campionato. Però la corazzata c’è, ed è di quelle che spaventano, almeno sulla carta. A porta, seppur imbottito di un caschetto, c’è uno dei migliori portieri al mondo, Petr Cech. Ashley Cole, David Luiz, Terry e Ivanovic sono i granatieri di un organico spaventoso in tutti i reparti. Lampard, Malouda e Obi Mikel testa e gambe di un centrocampo di classe e forza, mente in avanti Drogba e Torres rappresentano l’affidabilità assoluta in termini realizzativi. Una base solida a cui sono stati aggiunti negli ultimi mesi, talenti del calibro di Juan Mata, Ramires e Meireles, giocatorini tutto pepe. I Blues a differenza del Barcellona (analizzato ieri) fanno della fisicità la loro arma migliore, anche se spesso fanno fatica ad impostare il gioco. In Champions ha fatto gli stessi punti del Napoli, ma è finito primo, in un girone dove c’erano Valencia e Leverkusen, due suqadre di buon profilo, ma non di certo alla sua altezza. Insieme all’Arsenal tiene ancora viva la bandiera inglese nella competizione. Sono forti, hanno l’esperienza internazionale di chi a questa competizione ci partecipa assiduamente almeno da un decennio, eppure al San Paolo potrebbero avere qualche problema. Il City ha dimostrato che nell’ “Inferno con la pista d’atletica”, ci può perdere chiunque. E gli inglesi a quel clima, non ci sono per niente abituati. Difficile, ma non impossibile.mercoledì 14 dicembre 2011
Come gestire l’attesa del prossimo avversario
Dozzine di pensieri, una Roma che da Roma appioppa alla Juventus un
mezzo passo falso, nato da Vidal ubriaco che chiaramente il martedì è
abituato al liscio; una Lazio vincente contro i suoi meriti, capace di
somigliare sempre più al nostro vecchio spirito partenopeo; un collier
d’oro bianco che regalerei alla mia donna in piena recessione e invece
mi tocca puntare al simil-argento pacchiano; al Lavezzi piè veloce che
sfida l’evoluzione correndo a piedi scalzi; alla frase più detta sul
territorio campano: “nun se piglia na ‘bbullett”.
Ma in questa settimana ogni pensiero rivolto alle scommesse, ai regali natalizi, a compleanni, ad un campionato minore è accantonato dal sorteggio delle fantastiche sei di venerdì.
L’impresa di Vila Real non mi ha fatto dormire, continuo ad aspettare il sorteggio e sono certo che dopo sarà anche peggio. Il sedici dicembre si avvicina. Un’ansia che ha il sapore della voglia di giocarcela e questo è sensazionale.
Mi godo Yahoo answer e la sua domanda: “Quanti punti farà il Napoli in un così assurdo girone di Champions?”, andate a leggervi le risposte. Che bello il calcio e quanto i tifosi riescono a diventare piccoli quando scrivono offensive dichiarazioni dementi.
Sei di otto sfide, sei ottavi, come cantava il giovane Rino Gaetano e io l’ascolto e rivedo me bimbo sognante mentre una donna canta.
Le possibilità sono solo sei, Apoel Nicosia, Arsenal, FC Barcelona, Benfica, Chelsea Football Club, Real Madrid. Difficile scegliere. Ancora un bel po’ d’ore, poi sapremo se il fato riuscirà a essere un po’ clemente, almeno questa volta. Non siamo molto fortunati coi sorteggi da queste parti. Aspettiamo, tremiamo, aspettiamo tornando a tremare. Il tempo di organizzare una “Michel franco-debacle” e tutti sapremo il prossimo turno.
Nell’attesa non resta che analizzare tutte e sei possibili avversarie e cercare di comprendere quanto siano adatte al calcio Napoli.
Apoel Nicosia
Cipro costa molto come trasferta, tuonerebbe il classico tifoso che seguirebbe la sua squadra anche a Capo Horn; nessuno ha il coraggio di dire che è una squadra modesta rispetto alle altre, ma molti la sognano come avversaria. Nulla di più falso.
Il Napoli ha perso contro squadre che fanno un calcio molto simile; l’Apoel è capace di variare continuamente veste tattica, con una importante esperienza internazionale accumulata negli ultimi tre anni di gavetta e un allenatore stile inglese che segue ogni cosa, dal carattere del quotidiano, ai nuovi acquisti. Il resto lo fa la folta comunità portoghese.
Impressionante Urko Rafael Pardo Goas, un portiere partito panchinaro, cresciuto nella cantera del Barqa, capace di stupire in pochi minuti.
Hélio José Ribielo Pinto e Constantinos Charalambidis, giocatori capaci di fare la differenza, che forse non hanno ancora dato tutto.
Aílton José Almeida attaccante d’esperienza, è invece l’ennesimo brasiliano che a Cipro non ti aspetti, un gran bel giocatore. L’anima realizzativa e la follia di questa squadra.
L’Apoel potrebbe stupire ancora, soprattutto in casa. A tratti impressionante, a tratti davvero scarsa. La eviterei, ma è nettamente inferiore al Napoli.
Arsenal
Quest’estate ho visto l’Udinese crollare contro questa corazzata di giovani. Una società costruita quasi bene come quella friulana, che ha però un progetto di bilancio decisamente diverso e una produttività meno indirizzata al guadagno. Il risultato vide l’Arsenal passare il turno, fu del tutto immeritato.
E’ una giovane squadra cinica, che ha accumulato punti nel girone grazie a partite vinte anche al limite dei suoi meriti. Arsène Venger è un ottimo allenatore, ma qualche piccolo problema difensivo ogni tanto viene fuori. I reparti tendono a disunirsi.
Ad ogni modo è una squadra completa, che forse dalle nostre parti con la sua panchina e un Mazzarri, sfascerebbe un campionato.
In campo europeo ha grande esperienza, eppure intravedo una forte compatibilità con il Napoli, lascia spazi al contropiede e spesso ha delle immense amnesie tattiche. E’ forse la mia preferita, potremmo farcela, ma sudando molto.
FC Barcelona
Un immenso modello calcistico, il calcio attuale, l’idea del calcetto, la capacità di fare possesso palla distruggendo l’avversario e di colpirlo appena prova a pensare di anticipare. E’ un calcio con dei limiti strutturali difensivi, il campo può non essere perfettamente coperto, ma solo un pazzo si sognerebbe di scriverlo. E io sono completamente pazzo. Un sogno, una resa, ma partiremmo con una rovesciata di vantaggio. Il Gamper insegna molto.
Citare giocatori non avrebbe senso, sono giorni che provo a pensare ad uno scarso e sono giorni che ricordo quanto avrei voluto Sanchez a Napoli.
Chiaramente è un incontro da sognare in tempi successivi, ma se arrivasse, sapremmo demonizzarli al San Paolo e nel loro stadio. Non temiamo più nessuno. E’ la r.e.m del sogno più lungo, ma nei sogni siamo noi stessi a decidere il risultato (un po’ come fa Rocchi).
Benfica
Un sogno stracciato in una notte di calcio malgestita al San Paolo e il ritorno fu devastante. A casa di amici, nella mia crescente immaturità, emanai il mio editto che il Napoli avrebbe segnato il suo tracollo dopo quel punto massimo raggiunto. Aurelio mi smentì a fine partita. Sorridente, felice, ottimista, disegnò un nuovo percorso che ci ha portato fino a qui. Proprio ora, mentre leggiamo del nostro possibile futuro.
E’ cresciuta, ma non quanto il Napoli e poi ha in Óscar René Cardozo Marin quell’uomo d’area che a me proprio non è mai piaciuto. In effetti lo detesto.
Bruno Cesar è invece uno di quei giocatori rapidi che negli inserimenti potrebbe farci male, come del resto il meno efficace Pablo César Aimar Giordano. Con tanta fortuna hanno partecipato col Basilea all’eliminazione dell’altra parte di Manchester, ma noi di fortuna ne abbiamo avuta poca.
Giocano in contropiede e bene, ma il Napoli sogna questa rivincita. E allora rivincita sia? Sogno realizzabile.
Chelsea Football Club
Riparte da un calcio portoghese che non funziona perfettamente in terra inglese, ma il vice Mou ha il diavolo dentro. E’ feroce e aggressivo, conosce il calcio e mi ricorda Walter il mago, ma dovrebbe capire che non si può giocare con una difesa così alta in certe competizioni.
Perforabile e credo affetta dal processo di invecchiamento che ha colpito l’Inter di Ranieri, tranne per Romelu Lukaku, l’immensità del futuro.
Resta una squadra dal potenziale immenso, che ti lascia giocare anche se per poco, che corre ma non come qualche anno fa, che ha comprato tutto e poi si è piegata alla rivoluzione del gioco di potere su altri orizzonti. A me piace Andrè Villas-Boas, è un ragazzino simpatico, ma il Chelsea lo vedo un grande ostacolo arginabile. Ci faremo trovare pronti.
Real Madrid
E’ la squadra della costruzione delle stelle in giro per il mondo, della spesa senza senso come se al tuo fantacalcio solo tu fossi dotato di denaro illimitato.
Mourinho non ha mai parlato bene di Mazzarri, ma è un uomo che ha valori e gioca con le parole, lo sa fare molto bene.
Non mi stupirei, nel caso fosse il Real, di una dichiarazione di gioco di potere in italiano. Mou è uno che ha studiato tecniche di comunicazione, gioca le partite prima e dopo i novanta.
In campo sarebbe una sfida difficile, ma umana. Sarebbe una rivincita che a Diego dovremmo concedere, lottando e ripartendo, come solo noi sappiamo fare.
E permettetemi di dire che Cristiano Ronaldo è l’espressione del calcio moderno, insano, sprovveduto, immenso, mercenario e buffone. Preferisco sognare con i miei.
Quale delle sei? Ho capito che non mi importa, qualunque avversaria farà fatica, tremerà, avrà timore, soffrirà dal primo all’ultimo minuto. E i tifosi avranno la cacarella come Borja Valero.
E questa è la più bella delle sfide, non saremo noi a tremare di chi uscirà da quell’urna, sarà quel logo azzurro, quella lettera del nostro nome, quella rinascita educata e lenta, a dominare la percezione di una forte tensione sui volti dei nostri avversari.
E ho smesso di tremare, sono felice. Siatelo anche voi è solo una delle sei…
Domenico Serra
Ma in questa settimana ogni pensiero rivolto alle scommesse, ai regali natalizi, a compleanni, ad un campionato minore è accantonato dal sorteggio delle fantastiche sei di venerdì.
L’impresa di Vila Real non mi ha fatto dormire, continuo ad aspettare il sorteggio e sono certo che dopo sarà anche peggio. Il sedici dicembre si avvicina. Un’ansia che ha il sapore della voglia di giocarcela e questo è sensazionale.
Mi godo Yahoo answer e la sua domanda: “Quanti punti farà il Napoli in un così assurdo girone di Champions?”, andate a leggervi le risposte. Che bello il calcio e quanto i tifosi riescono a diventare piccoli quando scrivono offensive dichiarazioni dementi.
Sei di otto sfide, sei ottavi, come cantava il giovane Rino Gaetano e io l’ascolto e rivedo me bimbo sognante mentre una donna canta.
Le possibilità sono solo sei, Apoel Nicosia, Arsenal, FC Barcelona, Benfica, Chelsea Football Club, Real Madrid. Difficile scegliere. Ancora un bel po’ d’ore, poi sapremo se il fato riuscirà a essere un po’ clemente, almeno questa volta. Non siamo molto fortunati coi sorteggi da queste parti. Aspettiamo, tremiamo, aspettiamo tornando a tremare. Il tempo di organizzare una “Michel franco-debacle” e tutti sapremo il prossimo turno.
Nell’attesa non resta che analizzare tutte e sei possibili avversarie e cercare di comprendere quanto siano adatte al calcio Napoli.
Apoel Nicosia
Cipro costa molto come trasferta, tuonerebbe il classico tifoso che seguirebbe la sua squadra anche a Capo Horn; nessuno ha il coraggio di dire che è una squadra modesta rispetto alle altre, ma molti la sognano come avversaria. Nulla di più falso.
Il Napoli ha perso contro squadre che fanno un calcio molto simile; l’Apoel è capace di variare continuamente veste tattica, con una importante esperienza internazionale accumulata negli ultimi tre anni di gavetta e un allenatore stile inglese che segue ogni cosa, dal carattere del quotidiano, ai nuovi acquisti. Il resto lo fa la folta comunità portoghese.
Impressionante Urko Rafael Pardo Goas, un portiere partito panchinaro, cresciuto nella cantera del Barqa, capace di stupire in pochi minuti.
Hélio José Ribielo Pinto e Constantinos Charalambidis, giocatori capaci di fare la differenza, che forse non hanno ancora dato tutto.
Aílton José Almeida attaccante d’esperienza, è invece l’ennesimo brasiliano che a Cipro non ti aspetti, un gran bel giocatore. L’anima realizzativa e la follia di questa squadra.
L’Apoel potrebbe stupire ancora, soprattutto in casa. A tratti impressionante, a tratti davvero scarsa. La eviterei, ma è nettamente inferiore al Napoli.
Arsenal
Quest’estate ho visto l’Udinese crollare contro questa corazzata di giovani. Una società costruita quasi bene come quella friulana, che ha però un progetto di bilancio decisamente diverso e una produttività meno indirizzata al guadagno. Il risultato vide l’Arsenal passare il turno, fu del tutto immeritato.
E’ una giovane squadra cinica, che ha accumulato punti nel girone grazie a partite vinte anche al limite dei suoi meriti. Arsène Venger è un ottimo allenatore, ma qualche piccolo problema difensivo ogni tanto viene fuori. I reparti tendono a disunirsi.
Ad ogni modo è una squadra completa, che forse dalle nostre parti con la sua panchina e un Mazzarri, sfascerebbe un campionato.
In campo europeo ha grande esperienza, eppure intravedo una forte compatibilità con il Napoli, lascia spazi al contropiede e spesso ha delle immense amnesie tattiche. E’ forse la mia preferita, potremmo farcela, ma sudando molto.
FC Barcelona
Un immenso modello calcistico, il calcio attuale, l’idea del calcetto, la capacità di fare possesso palla distruggendo l’avversario e di colpirlo appena prova a pensare di anticipare. E’ un calcio con dei limiti strutturali difensivi, il campo può non essere perfettamente coperto, ma solo un pazzo si sognerebbe di scriverlo. E io sono completamente pazzo. Un sogno, una resa, ma partiremmo con una rovesciata di vantaggio. Il Gamper insegna molto.
Citare giocatori non avrebbe senso, sono giorni che provo a pensare ad uno scarso e sono giorni che ricordo quanto avrei voluto Sanchez a Napoli.
Chiaramente è un incontro da sognare in tempi successivi, ma se arrivasse, sapremmo demonizzarli al San Paolo e nel loro stadio. Non temiamo più nessuno. E’ la r.e.m del sogno più lungo, ma nei sogni siamo noi stessi a decidere il risultato (un po’ come fa Rocchi).
Benfica
Un sogno stracciato in una notte di calcio malgestita al San Paolo e il ritorno fu devastante. A casa di amici, nella mia crescente immaturità, emanai il mio editto che il Napoli avrebbe segnato il suo tracollo dopo quel punto massimo raggiunto. Aurelio mi smentì a fine partita. Sorridente, felice, ottimista, disegnò un nuovo percorso che ci ha portato fino a qui. Proprio ora, mentre leggiamo del nostro possibile futuro.
E’ cresciuta, ma non quanto il Napoli e poi ha in Óscar René Cardozo Marin quell’uomo d’area che a me proprio non è mai piaciuto. In effetti lo detesto.
Bruno Cesar è invece uno di quei giocatori rapidi che negli inserimenti potrebbe farci male, come del resto il meno efficace Pablo César Aimar Giordano. Con tanta fortuna hanno partecipato col Basilea all’eliminazione dell’altra parte di Manchester, ma noi di fortuna ne abbiamo avuta poca.
Giocano in contropiede e bene, ma il Napoli sogna questa rivincita. E allora rivincita sia? Sogno realizzabile.
Chelsea Football Club
Riparte da un calcio portoghese che non funziona perfettamente in terra inglese, ma il vice Mou ha il diavolo dentro. E’ feroce e aggressivo, conosce il calcio e mi ricorda Walter il mago, ma dovrebbe capire che non si può giocare con una difesa così alta in certe competizioni.
Perforabile e credo affetta dal processo di invecchiamento che ha colpito l’Inter di Ranieri, tranne per Romelu Lukaku, l’immensità del futuro.
Resta una squadra dal potenziale immenso, che ti lascia giocare anche se per poco, che corre ma non come qualche anno fa, che ha comprato tutto e poi si è piegata alla rivoluzione del gioco di potere su altri orizzonti. A me piace Andrè Villas-Boas, è un ragazzino simpatico, ma il Chelsea lo vedo un grande ostacolo arginabile. Ci faremo trovare pronti.
Real Madrid
E’ la squadra della costruzione delle stelle in giro per il mondo, della spesa senza senso come se al tuo fantacalcio solo tu fossi dotato di denaro illimitato.
Mourinho non ha mai parlato bene di Mazzarri, ma è un uomo che ha valori e gioca con le parole, lo sa fare molto bene.
Non mi stupirei, nel caso fosse il Real, di una dichiarazione di gioco di potere in italiano. Mou è uno che ha studiato tecniche di comunicazione, gioca le partite prima e dopo i novanta.
In campo sarebbe una sfida difficile, ma umana. Sarebbe una rivincita che a Diego dovremmo concedere, lottando e ripartendo, come solo noi sappiamo fare.
E permettetemi di dire che Cristiano Ronaldo è l’espressione del calcio moderno, insano, sprovveduto, immenso, mercenario e buffone. Preferisco sognare con i miei.
Quale delle sei? Ho capito che non mi importa, qualunque avversaria farà fatica, tremerà, avrà timore, soffrirà dal primo all’ultimo minuto. E i tifosi avranno la cacarella come Borja Valero.
E questa è la più bella delle sfide, non saremo noi a tremare di chi uscirà da quell’urna, sarà quel logo azzurro, quella lettera del nostro nome, quella rinascita educata e lenta, a dominare la percezione di una forte tensione sui volti dei nostri avversari.
E ho smesso di tremare, sono felice. Siatelo anche voi è solo una delle sei…
Domenico Serra
domenica 11 dicembre 2011
Novara-Napoli, una nuova era
“Da piccolino andavo a trovare mio zio a Novara, continuava a dirmi: “ma venitevene, qui veramente c’è il Paradiso!”.
Quanto tempo è passato, che bella città Novara. Mio zio quel giorno si accese la sigaretta, fece due tiri, poi la poggiò per riprendere a fumarla dal lato opposto qualche secondo dopo. Dopo quell’urlo di una sigaretta fumata al contrario, capii che aveva un po’ perso la brocca. Non l’ho più visto”.
Sul tetto d’Europa, tra le sedici squadre più forti del mondo, ci tocca l’ennesima sfida da gestire con una mentalità da provinciale, per cercare di rincorrere gli altri sognando loro passi falsi.
Quante volte penseremo ai punti lasciati in giro nel girone d’andata, sarà un ricordo amaro difficile da digerire.
E mentre Reja macina vittorie immeritate, il Napoli riparte dalla primavera di Britos che macina allenamenti per dare fiato ad un immenso Aronica; da Grava, che darà filo da torcere a Campagnaro in odore di nazionale; con Dzemaili che torna titolare con le sue punizioni condivise con Pandev (non in contemporanea speriamo); nell’attesa di un importante Donadel, che ha sciolto una procura scomoda made in GEA (proprio ora che il potere milanese diventa MSI).
Il probabile trio CA PA LA e Marek in mediana con Dzemaili, sono un’ipotesi immensamente affascinante. Vedremo.
E’ una sfida immensamente affascinante quella di Novara, un campo dove conta la tecnica, un campo dove fino ad un anno fa le visite d’analisi tattica dei principali staff europei erano all’ordine del giorno. Il Novara gioca a memoria, è una frase che ho sentito moltissime volte.
Mazzarani e Pinardi non decollano, Rigoni è invece costante come un anno fa. E’ il giocatore che più tira verso la porta, ed è anche il rigorista. Un misto tra Cigarini evoluto, tecnico e serio e un Cossu fisico. Un signor giocatore.
L’attacco però risente della partenza di Gonzalez e Bertani e i sostituti non hanno per nulla raggiunto la sufficienza. Il campo sintetico non lascia tempo per pensare, c’è da stare attenti.
Torniamo a macinare punti in campionato, ora si che siamo una grande squadra.
Domenico Serra
Quanto tempo è passato, che bella città Novara. Mio zio quel giorno si accese la sigaretta, fece due tiri, poi la poggiò per riprendere a fumarla dal lato opposto qualche secondo dopo. Dopo quell’urlo di una sigaretta fumata al contrario, capii che aveva un po’ perso la brocca. Non l’ho più visto”.
Sul tetto d’Europa, tra le sedici squadre più forti del mondo, ci tocca l’ennesima sfida da gestire con una mentalità da provinciale, per cercare di rincorrere gli altri sognando loro passi falsi.
Quante volte penseremo ai punti lasciati in giro nel girone d’andata, sarà un ricordo amaro difficile da digerire.
E mentre Reja macina vittorie immeritate, il Napoli riparte dalla primavera di Britos che macina allenamenti per dare fiato ad un immenso Aronica; da Grava, che darà filo da torcere a Campagnaro in odore di nazionale; con Dzemaili che torna titolare con le sue punizioni condivise con Pandev (non in contemporanea speriamo); nell’attesa di un importante Donadel, che ha sciolto una procura scomoda made in GEA (proprio ora che il potere milanese diventa MSI).
Il probabile trio CA PA LA e Marek in mediana con Dzemaili, sono un’ipotesi immensamente affascinante. Vedremo.
E’ una sfida immensamente affascinante quella di Novara, un campo dove conta la tecnica, un campo dove fino ad un anno fa le visite d’analisi tattica dei principali staff europei erano all’ordine del giorno. Il Novara gioca a memoria, è una frase che ho sentito moltissime volte.
Mazzarani e Pinardi non decollano, Rigoni è invece costante come un anno fa. E’ il giocatore che più tira verso la porta, ed è anche il rigorista. Un misto tra Cigarini evoluto, tecnico e serio e un Cossu fisico. Un signor giocatore.
L’attacco però risente della partenza di Gonzalez e Bertani e i sostituti non hanno per nulla raggiunto la sufficienza. Il campo sintetico non lascia tempo per pensare, c’è da stare attenti.
Torniamo a macinare punti in campionato, ora si che siamo una grande squadra.
Domenico Serra
sabato 10 dicembre 2011
IL DOMENICO SPORTIVO. Serra: “Napoli ha restituito al mondo l’immagine di un calcio onesto”
“Un mercoledì da leoni. Come quando mangi fiocchi di neve dopo aver
gareggiato sulla tua onesta pista arancione di sci; come godersi un
bicchiere di vino dopo aver vissuto una cena con la tua famiglia prima
di partire per un lungo viaggio; come quando la donna che hai sempre
amato si accorge di te. Una notte come quella di Gokhan e Marek la
insegui per ventuno anni e la sogni nel baratro di un calcio pieno di
difficoltà in rispettose serie minori. Il risveglio è qualcosa che un
uomo non può spiegare. Non capirò mai perché si arrivi a piangere per
una partita di calcio, spero che qualcuno possa un giorno spiegarmelo”.
Il napoletano ha un animo furbo ma leale, dozzine di dominazioni hanno
tentato di togliergli dignità, storia, ricordi, certezze; il napoletano
ha un passo più lungo degli altri, vede oltre, ha una mente
imprenditoriale e produttiva, ma nel calcio è onesto e ama vincere solo
se lo merita davvero. Una settimana dedicata ad un gesto di grande
passione tra Domagoj Vida e Bafetimbi Gomis, un occhiolino che ha
scatenato sospetti ben oltre un film di Ferzan Özpetek, merita una
piccola analisi. Cvjetkovic Ivan, procuratore di mister occhiolino,
dovrebbe spiegarci cosa c’è dietro ad un gesto così equivoco. Potrebbe
spiegarcelo la Mondial Promotion, società che gestisce Gomis, Malouda,
Drogba e ha praticamente in mano il potere di moltissimi giocatori che
militano in Francia. Michel Platini forse potrebbe illuminarci, tuona
l’intera stampa mondiale. Ma lui in quel gesto dolce, romantico,
infantile, non vede nulla di immorale, come se non avesse mai giocato a
calcio. Diciamo la verità Platini era un grande giocatore, ma ha fatto
un po’ la figura del pagliaccio senza trucco; la figura peggiore, perché
tutti ti riconosceranno ovunque tu vada. Come un bambino che ha pestato
un escremento e si presenta al compleanno di un compagno di classe.
Quella del giorno prima poi è veramente capace di rasentare lo schifo.
Il Borussia Dortmund porta un ritardo di otto minuti rispetto agli altri
campi, attende il risultato di Olympiakos – Arsenal, altra partita non
proprio regolare, finisce per farsi rimontare e battere in una manciata
di secondi dal rispettabile Olympique Marsiglia. Mi meraviglio perché
non si sia fatto nulla per far passare il Lille, proprio questo non
riesco a capire. A me questo sembra proprio assurdo, un fatto da
denuncia. Il 16 dicembre ci spetta un sorteggio equo e speriamo onesto,
ma ormai siamo dinanzi ad un livello di serietà perfido e credibile solo
ad idioti intelletti. Il Manchester City ne esce invece alla grande,
con un Mancini che inventa un inno di anti-italianità e finisce per
vincere contro i bavaresi ritoccati a gogò da un Rumenigge inburquato
come se fosse carnevale. E il Napoli lotta, contro un arbitro impreciso e
molesto, dei giudici di linea miopi, Muhammad Ali Gonzalo Rodriguez,
uno stadio arrabbiato perché si è ritrovato una squadra scarsa. Ma il
Napoli ormai regna sovrano e vince, se ne fotte di questi banali giochi
di potere e non compra gli arbitri, non compra dirigenti, non compra
premi per squadre avversarie, né tantomeno occhilioni; vende però
l’anima a Zeus De Laurentis che al suono di ‘O surdato ‘nnammurato, in
un piccolo comune valenciano introvabile anche sul tom tom, riscrive il
destino del Regno delle due Sicilie, dello sport pulito, di milioni di
anime che ricordano la sofferenza e i soprusi subiti dai loro avi. Il
calcio è diventato un modo per tornare a riscattare le violenze subite e
questa volta abbiamo vinto noi. “E quando tornerete a parlare di Napoli, pulitevi le labbra e chiedetene il permesso” [cit.].
Napoli non vuole smettere di stupire; e l’anziano Platini? Michel,
rammenti che solo Dio, nel calcio, può segnare regolarmente con la mano,
ai comuni mortali non può bastare un occhiolino…
Domenico Serra.
Domenico Serra.
venerdì 9 dicembre 2011
Giannina e Diego Maradona hanno esultato con noi
Era ora che tutto il mondo parlasse bene di Napoli.
Onore a Mancini anti-italiano, allo sceicco Mansour ambizioso di
divenire re del calcio, al Tyson Gonzalo Rodriguez e a chi è ad uno step
più avanti sotto il cielo di Torino, ma non canta nei Subsonica.
Sontuoso, arroccato, orgoglioso, con le gambe e la "cazzimma" della
serie c e la forza muscolare di una delle sedici squadre più forti
d'Europa, un Napoli elegiaco.
Il Napoli riparte da qui, da una partita elementare e di tattica
italiana, dove ha imparato a soffrire e a gestire le grandi sfide da
grande squadra Mourinhana.
Un Napoli a tratti modesto, lento, attendista, come sognava Mazzarri,
sveglio appena il suo professore viene cacciato via.
Walter trasmette il suo nervosismo per tutta la partita, poi litiga con
Nilmar e l'arbitro lo sputa via, giustamente, ma in questo gesto porta
via le paure di tutti gli undici e Frustalupi riscrive il Paradiso di
Dante.
Ho ancora impressa nella mente la frase di Bigon rivolta alla sua
panchina esultante alla prima rete, quel "ma che cazzo fate", l'ho
riascoltato col Mysky dozzine di volte.
Questa vittoria la meritano tutti, dal Pampa Sosa a Montervino, da
Consonni a Varricchio; una vittoria di una squadra che ha imparato a
giocare sui nervi, come negli ultimi minuti, con la forza, la
cattiveria, la rabbia.
Ho pensato alla faccia di Gattuso contro Hamsik di due anni fa; ho visto
Marek sostituito qualche minuto fa, che l'avrebbe ingoiato con tutti i
capelli.
Il miracolo di De Sanctis è invece da controllo antidoping, da miglior
portiere italiano, che nessuno dica il contrario.
Poi nel pieno della festa, mi sono goduto lo strafalcione di un
offensivo Paolo Rossi, che questa maglia non la volle.
Vincere con quello che ci è mancato per tanti anni, con un assist divino
di Hamsik e un sinistro di Inler da fuori aria è un ottimo auspicio.
Non ho pianto, ma vi giuro che sto peggio di Borja Valero. Grazie
Aurelio De Laurentis, adottami.
Domenico Serra.
Domenico Serra.
mercoledì 7 dicembre 2011
Uniti per mano per far finta di non tremare al suono della Champions League
Sinceramente noi del gruppo Ultràmici non ci caschiamo, restiamo
concentrati come durante un compito in classe, come nella paura del
primo giorno di scuola con la voce pastosa, acida o vibrante.
Noi sappiamo che il piccolo comune valenciano di Vila Real è un immobile ponte verso il Paradiso, ma non c'è Dante e nemmeno Maradona.
Questo è il passaggio verso la fine di un peso insuperabile, che nemmeno un Napoli divino riuscì a superare.
Noi siamo un solo nome, una sola cultura, un'unica sferica certezza di insaccare quella rete spagnola, siamo il desiderio di distruggere i luoghi comuni, le jettature manciniane, milanesi e d'oltralpe; quelle di simil-giornali che ci sputano in faccia e non vedono che siamo in una dimensione protetta da gambe troppo veloci per essere colpite.
Abbiamo paura, tutti allo stesso modo e tutti quanto è giusto averne. Saremo tutti a El MAdrigal, senza tifoserie ospiti, per la prima volta a conquistare la terra di Spagna partendo dal Regno delle due Sicilie, ma noi, noi di un piccolo immenso gruppo, tuoniamo per urlare la voglia di andare avanti. Senza considerarla una partita già fatta, perché c'è da sudare, correre, convincere e vincere, contro un mondo intero che è diviso, tra sognatori romantici e criptici pragmatici.
Noi non diamo nulla per scontato, restiamo uniti come se fosse la prima sfida, l'inizio di una nuova era; e non vogliamo meritare nei novanta minuti, vogliamo pure che sia De Sanctis a segnare di testa al 95esimo, vogliamo i tre punti e il resto non esiste, lo lasciamo a chi di mercoledì preferisce andare a mangiare una pizza, sognando di essere ancora napoletano.
Domenico Serra
Noi sappiamo che il piccolo comune valenciano di Vila Real è un immobile ponte verso il Paradiso, ma non c'è Dante e nemmeno Maradona.
Questo è il passaggio verso la fine di un peso insuperabile, che nemmeno un Napoli divino riuscì a superare.
Noi siamo un solo nome, una sola cultura, un'unica sferica certezza di insaccare quella rete spagnola, siamo il desiderio di distruggere i luoghi comuni, le jettature manciniane, milanesi e d'oltralpe; quelle di simil-giornali che ci sputano in faccia e non vedono che siamo in una dimensione protetta da gambe troppo veloci per essere colpite.
Abbiamo paura, tutti allo stesso modo e tutti quanto è giusto averne. Saremo tutti a El MAdrigal, senza tifoserie ospiti, per la prima volta a conquistare la terra di Spagna partendo dal Regno delle due Sicilie, ma noi, noi di un piccolo immenso gruppo, tuoniamo per urlare la voglia di andare avanti. Senza considerarla una partita già fatta, perché c'è da sudare, correre, convincere e vincere, contro un mondo intero che è diviso, tra sognatori romantici e criptici pragmatici.
Noi non diamo nulla per scontato, restiamo uniti come se fosse la prima sfida, l'inizio di una nuova era; e non vogliamo meritare nei novanta minuti, vogliamo pure che sia De Sanctis a segnare di testa al 95esimo, vogliamo i tre punti e il resto non esiste, lo lasciamo a chi di mercoledì preferisce andare a mangiare una pizza, sognando di essere ancora napoletano.
Domenico Serra
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martedì 6 dicembre 2011
Hamsik rischia di diventare un equivoco tattico
"Difficile tener fuori Marek Hamsik, i suoi inserimenti in area di
rigore, la sua propensione all'anticipo, la sua innata capacità di
sapere dove finirà il pallone, sono caratteristiche insostituibili".
Disse Eduardo Reja.
E mentre lui vince in un posticipo di lunedì, al quale dovremmo
abituarci, immense bugie autorizzate, senza influenze politiche
apparenti, sono il playback della serata televisiva in chiaro,
tra Fiorello e Lorenzo, che stigmatizzano la bellezza dell'essere
italiano. Interviene Roberto e ci ricorda cosa significa essere
italiani, mentre Fiorello stecca paragonando i neomelodici alla musica
d'arte napoletana.
Quant'è difficile essere napoletani, siamo veramente esigenti.
Ogni pensiero è fermo a mercoledì, difficile pensare ad altro. La mia
mente prosegue in una notte insonne divisa tra le parole di David Silva:
"vogliamo provare a vincere la Champions League" e quelle di mia sorella Francesca: "Torno mercoledì pomeriggio, ma prima stai tranquillo, non mi devi venire a prendere durante la partita". Silva non so da quale pianeta viene, mia sorella da Milano, una città dove in pochi tengono per il Napoli.
Torniamo al calcio. Ormai la prestazione di Goran Pandev è sulla bocca di tutti, mi sono emozionato. Ho immaginato migliaia di tifosi partenopei, opinionisti, giornalisti, editorialisti, redattori, capaci di definirlo già una carcassa gobba inadatta al gioco del Napoli, bollito, finito, superato, modesto. Io l'ho definito un Bruce che gioca a nascondino, che sia chiaro, ma ne ho sempre apprezzato le qualità. E credo anche alle parole di Jose, lui riusciva a utilizzare Goran in una posizione innaturale per un attaccante, la stessa copiata da Walter nella sfida del San Paolo di sabato scorso. Ho visto il Goran di Delio, aggressivo e capace di tagliare gli spazi, di puntare l'uomo di studiare i movimenti di avversari e compagni, disegnando con gli occhi invisibili scie per consigliare al corpo sferico dove andare a ruotare. Marek per un po' è entrato in campo, in pochi se ne sono accorti. E' un giocatore dai mezzi tecnici immensi, dalle qualità infinite, di un'intelligenza tattica sublime, forse il talento più completo del Napoli di De Laurentis, senza alcun dubbio uno dei migliori giocatori d'Europa. L'Hamsik di Mazzarri ha compiti tattici sicuramente diversi, soprattutto con Inler che non schiaccia verso la difesa, che spesso scolla i reparti, che per assicurare una collaborazione in attacco, spesso finisce per non coprire movimenti orizzontali. Inler è fenomenale, ma per essere presente ha bisogno di un Hamsik più passivo, che inevitabilmente perde negli ultimi metri. L'Hamsik di Reja aveva compiti diversi, ma anche quello si chiudeva per lunghi tratti in ossessioni compulsive mistiche, senza partecipare all'azione. Hamsik è straordinario. Ma è pur sempre colui che nella stagione estiva parla del Milan come la sua possibile consacrazionee in quella autunnale santifica Napoli e il Napoli com'è giusto fare, come farebbe chiunque. Il suo viso angelico, la sua immensa serietà professionale, nascondono l'idea nascosta del sogno della maglia del Milan, un brutto vizio frequente nei talenti di Raiola. Sono convinto che spesso le interviste sono strumentalizzate, inutile dirlo. Con l'arrivo di Pandev ho sognato l'inizio di Marek in panchina, perché diciamolo sinceramente, forse è quello che il posto da titolare, forse per qualche partita, merita di cederlo, almeno fino a quando non tornerà il Marek che sogna solo l'azzurro; perché Raiola ne ha plasmato l'umiltà.
Domenico Serra.
AreaNapoli.it
Torniamo al calcio. Ormai la prestazione di Goran Pandev è sulla bocca di tutti, mi sono emozionato. Ho immaginato migliaia di tifosi partenopei, opinionisti, giornalisti, editorialisti, redattori, capaci di definirlo già una carcassa gobba inadatta al gioco del Napoli, bollito, finito, superato, modesto. Io l'ho definito un Bruce che gioca a nascondino, che sia chiaro, ma ne ho sempre apprezzato le qualità. E credo anche alle parole di Jose, lui riusciva a utilizzare Goran in una posizione innaturale per un attaccante, la stessa copiata da Walter nella sfida del San Paolo di sabato scorso. Ho visto il Goran di Delio, aggressivo e capace di tagliare gli spazi, di puntare l'uomo di studiare i movimenti di avversari e compagni, disegnando con gli occhi invisibili scie per consigliare al corpo sferico dove andare a ruotare. Marek per un po' è entrato in campo, in pochi se ne sono accorti. E' un giocatore dai mezzi tecnici immensi, dalle qualità infinite, di un'intelligenza tattica sublime, forse il talento più completo del Napoli di De Laurentis, senza alcun dubbio uno dei migliori giocatori d'Europa. L'Hamsik di Mazzarri ha compiti tattici sicuramente diversi, soprattutto con Inler che non schiaccia verso la difesa, che spesso scolla i reparti, che per assicurare una collaborazione in attacco, spesso finisce per non coprire movimenti orizzontali. Inler è fenomenale, ma per essere presente ha bisogno di un Hamsik più passivo, che inevitabilmente perde negli ultimi metri. L'Hamsik di Reja aveva compiti diversi, ma anche quello si chiudeva per lunghi tratti in ossessioni compulsive mistiche, senza partecipare all'azione. Hamsik è straordinario. Ma è pur sempre colui che nella stagione estiva parla del Milan come la sua possibile consacrazionee in quella autunnale santifica Napoli e il Napoli com'è giusto fare, come farebbe chiunque. Il suo viso angelico, la sua immensa serietà professionale, nascondono l'idea nascosta del sogno della maglia del Milan, un brutto vizio frequente nei talenti di Raiola. Sono convinto che spesso le interviste sono strumentalizzate, inutile dirlo. Con l'arrivo di Pandev ho sognato l'inizio di Marek in panchina, perché diciamolo sinceramente, forse è quello che il posto da titolare, forse per qualche partita, merita di cederlo, almeno fino a quando non tornerà il Marek che sogna solo l'azzurro; perché Raiola ne ha plasmato l'umiltà.
Domenico Serra.
AreaNapoli.it
Lippi carica il Napoli: “Può ancora dire la sua per lo scudetto”
All’indomani dell’ennesimo sorpasso e controsorpasso tra Juventus e
Milan in testa al campionato di serie A, la lotta scudetto è al centro
del dibattito tra tanti addetti ai lavori. Tra Firenze e Bologna il leit
motiv è comunque uno: non sarà un duello solo tra Milan e Juve, ma
attenzione anche a Udinese e Napoli. “Per quanto riguarda il campionato
non credo sia solo una questione tra Juventus e Milan, il Napoli ha
fatto vedere proprio con la Juve di aver voglia di dire la sua, e credo
anche all’Udinese”, ha detto Marcello Lippi, a margine della
presentazione della ‘Hall of Fame’ del calcio italiano, a Palazzo
Vecchio a Firenze. “La crisi dell’Inter? Credo che dipenda dai tanti
infortunati di grande prestigio che ha, una volta recuperati potrà
rimettersi in corsa”, ha aggiunto l’ex ct della Nazionale campione del
Mondo in Germania nel 2006.
sabato 3 dicembre 2011
IL DOMENICO SPORTIVO. Serra: “Ode a Grava, capitano silenzioso
Ho sempre visto Grava scorazzare su quella fascia destra con non poche
perplessità. Mai avrei immaginato che si riuscisse a trasformarlo in un
giocatore dalla esplosività impressionante, dall’anticipo del miglior
Britos sommato a Santacroce, dalla forza fisica di un leone tenuto in
criogenizzazione dall’infanzia, come se Mazzarri avesse portato un sosia
fortissimo del modesto terzino laterale conosciuto negli anni
precedenti. Che giocatori che ha fermato Gianluca fino ad un anno fa.
Sono convinto che anche mezzo zoppo, con un tutore, in campo avrebbe
distrutto la concorrenza. Che giocatore. Chi non lo vede ovunque quando
si parla del Lecce? Chi non ha pensato mai che se Grava non si fosse
tranciato il crociato, avremmo vinto lo scudetto? Quando la notte sogno
le ultime sfide dello scorso campionato, con Milan e Udinese, penso a
cosa avrebbe costruito pur di cancellare gli attaccanti… Ora finisce che
Walter, il mago di San Vincenzo, dichiara che vorrebbe schierare in
campo uno tra lui e il sosia di Forlan. Io già non dormo, con tutto il
rispetto per Fideleff, un giocatore che potrebbe tranquillamente fare
quel percorso, ma Grava è veramente il maestro che rispetti anche se non
è severo, un osso del Napoli che non riesci a rosicchiare, il braccio
di chi mette la mente e la mente di chi mette il braccio, il capitano
silenzioso e onesto che nessuno osa contestare, il provinciale da
incoronare Re, il Re che si comporta con la potestà dominante di un
familiare dolce e affettuoso. Lo vorrei in campo, con tutto il mio
cuore, con un occhio a Villareal su una di quelle barche a vela prese in
prestito a “Mascalzone latino” e una immensa canna da pesca, per tirar
su un “sottomarino giallo”, che con o senza accordi arabi, ha il destino
segnato. Ah dimenticavo: “Che giocatore che è Gianluca Grava!”.
Domenico Serra.
Domenico Serra.
giovedì 1 dicembre 2011
Mazzarri: “Tifosi, sosteneteci contro il Lecce. Sarò costretto a fare alcuni cambi. Cavani? Non so se recupera”
Walter Mazzarri, allenatore del Napoli, è stato protagonista del
consueto “salottino marziano” ai microfoni di Marte Sport Live su Radio
Marte: “Il 3-3 di martedì mi brucia ancora sulla pelle. Sul 3-1 pensavo
di averla vinta; se fossimo stati più attenti avremmo portato a casa un
risultato importante. Adesso guardiamo avanti comunque. Chiunque
giocherà contro il Lecce dovrà essere sostenuto. Abbiamo visto che gli
errori contro la Juve sono stati dovuti alla stanchezza, quindi sarò
obbligato a schierare in campo forze fresche. Una partita trappola
quella di sabato. Mi rivolgo ai tifosi e mi aspetto tutto il loro
sostegno. Non dimentichiamo la difficilissima partita contro i pugliesi
lo scorso anno. La difesa deve rifiatare. Martedì affronteremo il
Villarreal. Bisogna rischiare un reparto meno collaudato ma più lucido.
Io ho fiducia in tutti, ma è ovvio che quando eccedi un pò nei
cambiamenti si possono creare delle difficoltà. Grava? Lo scorso anno fu
autore di una prodezza ma manca da molto tempo in campo. Sta molto
meglio; devo valutare la scelta tra lui e Fideleff, considerando anche
l’assetto tattico degli avversari. Gargano? Ha avuto un problema
all’adduttore; ora è dal fisioterapista. E’ quello che rischia di più.
Abbiamo ancora 24 ore di tempo e valuteremo fino all’ultimo. Sugli
esterni siamo messi bene perché nessuno dei tre accusa la fatica.
Cavani? Tra oggi e domani sapremo se giocherà. Pandev? Quando è arrivato
era indietro: l’ho richiesto per 3 anni e finalmente è arrivato. Non si
può discutere un giocatore come lui. Ha valori tecnici assoluti. Ha
solo bisogno di tornare a credere in sé stesso. Sotto questo punto di
vista io e i miei collaboratori abbiamo fatto un lavoro super per
recuperarlo. La sola cosa che gli ho chiesto di fare contro la Juve è
stata “fare il Pandev”, non importava per quanto tempo. Chavez? E’ un
giovane molto bravo, ma per adesso è un po’ chiuso dalle scelte che, in
quanto allenatore, sono obbligato a fare, dato che dovendo fare punti mi
affido a calciatori più esperti. Conosciamo bene le pressioni cui
questa squadra è soggetta: la gara di sabato è insidiosissima e cercherò
di tenere le menti ferme sul campo; non sono certo di riuscirci, ma ci
proverò. Il match più difficile? Quello contro il City. Siamo una
squadra giovane e abbiamo giocato contro squadre di livello assoluto in
questa Champions. Considerando le premesse abbiamo già compiuto
un’impresa; ma adesso dobbiamo fare il possibile e l’impossibile per
completarla. Detto questo preferisco continuare il discorso dopo la
partita di sabato sera. Dobbiamo prendere questi 3 punti; non mi
interessa come.La mia più grande soddisfazione è aver dato una marcata
impronta a questa squadra: un gruppo che gioca a calcio, che mette in
difficoltà chiunque. La Juve è venuta a Napoli e si è si è adattata al
nostro assetto; stesso discorso con la Lazio. Siamo rispettati e temuti
da tutti. Abbiamo fatto riguadagnare fiducia nel calcio italiano.
Viviamo un momento difficile: l’anno scorso i posti per l’accesso
diretto in Champions erano 3; adesso ne sono 2 e dovremo fare il
possibile per restare nell’Europa che conta. Campionato o Champions?
L’anno scorso facemmo l’Europa League, che molti reputano una
competizione di poco conto; ricordo però che nel tragico inizio gara
contro la Steaua Bucarest cambiammo 9 elementi su 11. Un tifoso che mi
era vicino si lamentò perché umiliato da quel 3-0 provvisorio. Dopo 33
anni credo di conoscere il calcio: quando arrivi in Champions e pensi di
poter fare calcoletti o scelte secondarie prendere batoste diventa
matematico. Se non avessimo affrontato al massimo questa competizione
avremmo fatto delle figuracce. E ciò avrebbe penalizzato il gruppo sul
piano fisico ma soprattutto mentale. La Juventus ha una rosa di grande
valore, che può competere con quelle di Milan ed Inter; in più ha il
vantaggio enorme di non avere le coppe. Può preparare le gare a puntino
senza un dispendio di forze eccessivo. Per lo scudetto punterei più sul
Milan, che ha dei valori eccezionali. Un invito ai tifosi? Venite allo
stadio e aiutateci a superare questo ostacolo: raggiungiamo questa
importante vittoria tutti insieme. A Napoli sono felice: qui ho
raggiunto grandi obiettivi e sono contento di aver regalato delle gioie a
questa città. Gioie meritate, perché credo che le cose che ti dà Napoli
difficilmente le ricevi altrove. Ho un carattere passionale: in questo
sono uguale ai napoletani. Sono sempre alla ricerca delle sfide: non mi
piacciono le cose facili. Come i napoletani non voglio perdere nulla.
Siamo nervosi quando perdiamo e voglio subito tornare in campo a
riscattarmi. Per vincere farei sempre di tutto. Espressioni in dialetto
che ho imparato? Ce n’è una che dico spesso: “Ca’ nisciun è fescio”.”
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