Era ora che tutto il mondo parlasse bene di Napoli.
Onore a Mancini anti-italiano, allo sceicco Mansour ambizioso di
divenire re del calcio, al Tyson Gonzalo Rodriguez e a chi è ad uno step
più avanti sotto il cielo di Torino, ma non canta nei Subsonica.
Sontuoso, arroccato, orgoglioso, con le gambe e la "cazzimma" della
serie c e la forza muscolare di una delle sedici squadre più forti
d'Europa, un Napoli elegiaco.
Il Napoli riparte da qui, da una partita elementare e di tattica
italiana, dove ha imparato a soffrire e a gestire le grandi sfide da
grande squadra Mourinhana.
Un Napoli a tratti modesto, lento, attendista, come sognava Mazzarri,
sveglio appena il suo professore viene cacciato via.
Walter trasmette il suo nervosismo per tutta la partita, poi litiga con
Nilmar e l'arbitro lo sputa via, giustamente, ma in questo gesto porta
via le paure di tutti gli undici e Frustalupi riscrive il Paradiso di
Dante.
Ho ancora impressa nella mente la frase di Bigon rivolta alla sua
panchina esultante alla prima rete, quel "ma che cazzo fate", l'ho
riascoltato col Mysky dozzine di volte.
Questa vittoria la meritano tutti, dal Pampa Sosa a Montervino, da
Consonni a Varricchio; una vittoria di una squadra che ha imparato a
giocare sui nervi, come negli ultimi minuti, con la forza, la
cattiveria, la rabbia.
Ho pensato alla faccia di Gattuso contro Hamsik di due anni fa; ho visto
Marek sostituito qualche minuto fa, che l'avrebbe ingoiato con tutti i
capelli.
Il miracolo di De Sanctis è invece da controllo antidoping, da miglior
portiere italiano, che nessuno dica il contrario.
Poi nel pieno della festa, mi sono goduto lo strafalcione di un
offensivo Paolo Rossi, che questa maglia non la volle.
Vincere con quello che ci è mancato per tanti anni, con un assist divino
di Hamsik e un sinistro di Inler da fuori aria è un ottimo auspicio.
Non ho pianto, ma vi giuro che sto peggio di Borja Valero. Grazie
Aurelio De Laurentis, adottami.
Domenico Serra.
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