venerdì 16 marzo 2012

Il mio Chelsea Napoli. Di Donatella Sapone

Ho il biglietto per i distinti dei tifosi inglesi. Allo stadio non posso fare nulla, solo ringraziare Iddio di essere entrata. Ci metto un minuto e mezzo netto per entrare, passo il controllo borse senza essere fermata perché priva di borsa, nessuno mi ferma, trovo il gate, infilo il biglietto nel tornello sotto gli occhi di una steward, entro. Un altro steward mi chiede gentilmente in quale fila e posto sono, gli rispondo, mi ci accompagna e mi dice pure “Enjoy” con un sorriso. Trovo una bandiera del Chelsea arrotolata vicino ad ogni sediolino, mi siedo nello stadio semivuoto e mi accorgo che ci sono solo i nostri tifosi già in posizione. Desolata mi guardo attorno, alle otto e dieci non c’è ancora quasi nessun inglese. Guardo i nostri cantare quando entra il Napol e fischiare quando entrano quelli del Chelsea e mi salgono le lacrime agli occhi. Lo steward si preoccupa che possa sentirmi male e mi chiede se va tutto bene. E che ne può capì? “I’m fine”…
Lo stadio piano piano si riempie, dietro di me si siedono 4 giapponesi travestiti da tifosi dei Blues. Così almeno penso di prim’acchito, hanno tutto griffato Chelsea, sembrano in costume di Carnevale perché poi a tutto penseranno fuorché alla partita. I-Pad, I-Phone, e intanto I-suffer quando li vedo con le pazzielle elettroniche in mano versare la bottiglietta d’acqua sui miei piedi mentre mangiano e bevono, si chiamano, ridono, pazzèano, si fotografano, beatamente incoscienti che da lì a poco si farà la Storia. In un modo o nell’altro. Accanto a loro si sistemano due francesi anche loro del Chelsea.
I napoletani in tribuna ci sono eccome. Li riconosci dalla faccia, anche se indossano tutti cappellino e sciarpa del Chelsea, e dal voler immortalare ogni attimo del riscaldamento dei nostri che una volta tanto possono godersi da bordocampo. Sono tranquilli e guardinghi, ma sono lì, in piedi, a cercare di contenere l’emozione di essere a 10 metri dai nostri eroi senza farsi sgamare e portare via. Io no. Io non indosso i nostri colori ma non ho addosso neanche il loro biancoblu. Soffro in silenzio il mio mutismo forzato mentre vorrei gridare a squarciagola quanto è importante per noi questa serata. E il non poter parlare mi perseguiterà per tutta la partita, come i tre inglesi alla mia destra, che come tutti gli altri capiscono subito che sono del Napol. Non per niente, non mi alzo a sventolare il vessillo fornitomi da Abramovich come tutta la tribuna (o quasi). Cerco di tirare fuori il prezioso amuleto mentre con l’altra mano rispondo ai messaggi al cellulare. Chiedo ai giapponesi di farmi la foto che poi spedisco agli amici via sms. Guardo la nostra tribuna laterale e canto con loro dentro di me. Alle canzuncelle da Zecchino d’Oro che lo stadio ogni tanto propina, con conseguente battito di mani dei “supporters” anglosassoni, rispondo col silenzio e l’immobilità totale. <<Come on Chels’>> è il massimo dei cori che fanno… e ho detto tutto. “Chelsea Chelsea Chelsea”, che mi ispira un adattamento riferito a un noto servizio igienico, ma poco consono a una signora, è l’altro. Nel frattempo tutti si alzano per andare in bagno, per andare a mangiare, a prendersi una birra… come se gliene potesse fregà de meno. E noi lì a roderci, già col fegato a pezzi. Inganno l’attesa godendomi lo spettacolo dei Nostri Ragazzi così vicini per una volta, li vedo tesi, concentrati…
Osservo lo stadio, gradinate basse di cemento con sediolini pieghevoli di plastica, uno scatolone sgraziato e non riscaldato (che freddo della miseria!!!) e mi dico che non può essere questo il gioiellino tanto decantato… Dà l’idea di essere trascurato, e di essere anche troppo spazioso per loro… in fondo se ci sono 3500 napoletani nello Stamford Bridge sono pure pochi.. e vuoti ce ne sono, soprattutto sulla loro curva, le prime 4 file tutte vuote, a mò di terzo anello del San Paolo. Accanto a me un sediolino vuoto, alcuni più su… Insomma, altro che tutto esaurito. A Napol non sarebbe caduto uno spillo a terra, con una capienza superiore di almeno 20.000 posti (caro biglietti permettendo). Ah, i biglietti: settore inglese abbonati, praticamente i nostri distinti, costo segnato sul biglietto 56 pound, pari a circa 70 euro.
Quando si entra nel vivo, entrano le squadre in campo e parte l’inno. E io canto coi nostri tifosi lassù “The Champiooons”, che risuona forte e limpido nell’umida aria londinese. Spero che la nostra voce sia arrivata a tutti voi attraverso la tv. Quasi gli inglesi non se ne accorgono.
Comincia la partita e si sentono solo i cori dei tifosi napoletani. Gli inglesi si svegliano solo sul due a zero, ma è brutto, molto brutto, restare seduta mentre lo stadio esplode ai gol dei Blues. Alla rete di Inler alzo il pugno e dico “GOL!” una volta, una sola volta, d’istinto. Penso, mo’ mi pigliano e mi portano via, e invece vanno a prendere altri, seduti un po’ più in là, rei di aver esultato con troppa veemenza, e pure qualche sfottò. Mi interrogo su questa regola, che trovo del cazzo, ma se ci fossi io al posto loro, non mi darebbe fastidio se un inglese esultasse affianco a me? Certo, eccome. E allora zitta e muta, noi siamo Nati Per Soffrire. E chest’è.
Il tanto decantato tifo inglese non appartiene ai Blues. Sì, cantano, ma le suddette canzuncelle, con conseguente applauso ritmato, e le mettono gli speaker dello stadio. E a bordocampo ci sono tre sbandieratori pagati dalla società, con la tuta degli Steward, che agitano tre bandieroni enormi, all’unisono e perfettamente distanziati l’uno dall’altro. Un “Come On Chelsea” è il massimo che puoi sentire, insieme a una profusione di insulti ai nostri e all’arbitro, che è pratica diffusa ovunque. E io mi chiedo se sia giusto che questi qui che pare che non ne fottano proprio passino ai quarti al posto nostro. A fine partita, dopo due ore di battaglia durissima che li hanno portati a una rimonta clamorosa, si alzano e svuotano lo stadio in 5 minuti di orologio. I pub chiudono tra mezz’ora, come ci si perde l’ultima pinta? Bere, bere, bere, l’importante è bere. I francesi dietro di me si sono persi il loro secondo gol perché erano rimasti fuori nell’intervallo a bere. Un tipo a tre posti da me con panza da birra di ordinanza si è alzato venti volte venti per andare al bagno durante la partita. Bere, pensano solo a bere. Almeno a me questo sembra. A fine partita promuovo la loro squadra. E’ stata superiore alla nostra per qualità ed esperienza. Pubblico e stadio bocciati, senza se e senza ma.
Ovviamente all’uscita dallo stadio sembriamo tutti degli zombie. Lo saremo anche stamattina in aeroporto, quando alla tristezza si somma la stanchezza della nottata. L’occasione perduta ci sfugge assieme alle lacrime, che vedo nei miei occhi riflessi negli occhi di tanti, tantissimi altri. Abbraccio gli amici che hanno seguito la partita dal settore ospiti e penso che mai più riuscirò a ripetere un’esperienza del genere, da sola e in mezzo ai tifosi degli altri. Mai più

Donatella Sapone

3 commenti:

AntonioMarano ha detto...

Grandissimo pezzo!
Bravissima Donatella.
Non preoccuparti, ci saranno ancora tante sfide su cui scrivere e piangere, ma di gioia.

abrongius ha detto...

Complimenti Donatella un pezzo belissimo da tifosa doc io sto ancora malissimo!!!

Unknown ha detto...

Grazie amici.