lunedì 14 maggio 2012

Quei fischi ingrati, e incomprensibili della curva A

Loro erano a Gela, io no. Loro hanno fatto tutte le trasferte del mondo, in
stadi di periferia, impegnandosi anche le mutande per seguire la loro squadra
del cuore, io no. Loro sono quelli che dicono che bisogna sostenere la squadra
sempre, che il Napoli deve vincere per onorare una città, che chi non salta
juventino è (anche quando non si gioca contro la Juve), io no. Erano fischi d’amore? Sarà, ma se l’uomo che amo mi lascia per una che pensa gli dia di più io
non mi volto di schiena come una bambina, ma mi comporto da femmina e cerco di
riconquistarlo con tutta la forza che ho, urlando, puntando i piedi a terra e
mettendoci tutta l’anima che posso. Soprattutto, aspetto di vedere se davvero
se ne sta andando o se cercano solo di farmi credere sia così. Insomma, loro
avranno anche riempito in diecimila uno stadio che in complesso ne contiene
4000, settore ospiti compreso, ma stasera si sono dimostrati talmente piccoli
da sembrare degli gnomi. L’ottusità di una parte della nostra tifoseria non mi
stupisce per niente, conferma solo la povertà immensa di una parte della nostra
città. La nota positiva è che la Tribuna, stavolta, ha intonato un coro a
favore del Pocho che è stato un urlo di ribellione a chi pretende di dirti
anche cosa e quando cantare, e che hanno urlato anche i non pochani come me. E
se, di risposta, ci dicono che siamo un “pubblico di merda”, dico che
preferisco il nostro odore a quello dei loro fumogeni puzzolenti e finti.
Sarebbe bastato aspettare il novantesimo, evitare di farsi harakiri come nei
fumetti giapponesi, smettere di fare le caricature di se stessi, semplicemente
crescere. Sarebbe bastato ricordarsi che Hamsik, l’anno scorso, di questi
tempi, era già quotato in rossonero e che per guadagnarsi di nuovo l’appoggio
dei tifosi fu costretto a trasformarsi in saltimbanco e, appunto, saltare di
fronte a tutti. Alla fine Hamsik è rimasto e pure il Pocho probabilmente
resterà qua. E allora? A loro cosa resterà? L’averlo acclamato in maglia numero
10 ed esserselo scordato lungo il cammino. Se questo è amore, preferisco di
gran lunga il calesse, il mio. E Forza Napoli. Sempre.

Ps stasera, in Tribuna, è tornato Luca, il curvarolo, quello che quest’anno se
le è viste quasi tutte in Posillipo. Ha inveito tutto il tempo contro i fischi
al Pocho, secondo dopo secondo, ha urlato “chist’ so’ sciem” e li ha mandati a
fanculo ripetutamente. Poi ha capito che i fischi provenivano dalla curva A e
non solo da una parte dei Distinti, come credeva lui. Glie l’ha fatto notare un
compagno curvarolo. Ma Luca no, non è riuscito ad ammetterlo. Aveva la morte
nel cuore e la tristezza negli occhi ma ha continuato a dire che non era così.
Quando gli abbiamo detto di stare zitto e fermarsi solo ad ascoltare ha
continuato a ripetere che no, non era possibile. E allora ho capito: Luca si
sarebbe venduto pure la mamma pur di non rinnegare la curva. Di fronte a tutto
questo, o alzi le mani o le meni, non c’è altro da fare. Gli ho offerto una
sigaretta, mi ha fatto tenerezza.
di Ilaria Puglia

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