venerdì 17 febbraio 2012

TIFO VIOLENTO. Il pm Melillo: “Rapporti tra giocatori del Napoli e capi ultrà per influenzare il rinnovo dei contratti”. E Santacroce dice: “Non sapevo che non si possa andare a casa di un detenuto agli arresti domiciliari”

In questura si pianificavano strategie per mantenere l’ordine pubblico ed evitare scontri in occasione delle partite. Contemporaneamente, in una casa del centro storico, si preparavano piani di attacco contro i tifosi “nemici”, analizzando i loro itinerari e individuando i punti piu’ adatti per assalirli. Gli strateghi della guerra del calcio – una guerra combattuta con spranghe, coltelli, bottiglie molotov, mazze da baseball – erano un gruppo di ultra’ che si riconoscono nella sigla Bronx. A undici di loro questa mattina sono state notificate misure cautelari, che vanno dalla detenzione in carcere agli arresti domiciliari all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il capo indiscusso del gruppo e’ Francesco Fucci, di 33 anni, ritenuto vicino al clan camorristico dei Mazzarella. Era in casa sua, una casa che gli indagati indicavano convenzionalmente come “il bar” o “il baretto”, che ogni settimana venivano preparati scontri, aggressioni e provocazioni a tifosi rivali. Scontri che avvenivano in occasione delle partite del Napoli, in trasferta o in casa (drammatico il bilancio dei tafferugli in occasione di Napoli – Liverpool dell’ottobre 2010) ma anche di incontri di altre squadre, come Real Marcianise – Verona giocata nell’aprile dello stesso anno. Ma la casa di Fucci, non lontana dallo svincolo della Tangenziale di corso Malta, non era frequentata solo da violenti e pregiudicati. Ci ando’, mentre il capo ultra’ era agli arresti domiciliari per droga, anche l’ex difensore del Napoli Fabiano Santacroce, ora al Parma, che gli porto’ alcune sue maglie; vi furono invitati, ma furono piu’ prudenti e non ci andarono, altri calciatori partenopei. “Cerchiamo di avere buoni rapporti con la tifoseria, soprattutto organizzata, anche perche’ questo ci consente di giocare con minore pressione”: cosi’ Santacroce, sentito come persona informata dei fatti, ha giustificato i suoi contatti con Fucci. Ma i rapporti tra stelle del pallone e tifosi violenti, secondo il procuratore aggiunto Giovanni Melillo, sono molto piu’ frequenti e stretti di quanto si creda. “Le pressioni dei gruppi ultra’ sulla societa’ – ha detto Melillo in conferenza stampa – possono tornare utili quando e’ il momento di rinnovare i contratti”. Per adesso, l’unico verbale noto in cui, sia pure in maniera vaga, si fa riferimento a sollecitazioni di personaggi ambigui perche’ un calciatore non venga ceduto e’ quello di Ezequiel Lavezzi, sentito nell’ambito di una diversa inchiesta, quella su camorra, riciclaggio e ristorazione. Lavezzi parla dei suoi rapporti con Antonio Lo Russo, figlio del capoclan Salvatore, oggi pentito: e’ il giovane (ora latitante) fotografato a bordo campo del San Paolo mentre assiste alla partita. “Quando si profilava la possibilita’ che io lasciassi il Napoli – dice il Pocho – fu proprio questa persona ad attivarsi perche’ in curva B fosse esposto uno striscione che mi invitava a non andare via”. L’appartenenza degli ultra’ al gruppo e’ sancita da un tatuaggio; quando il capo ne decide l’espulsione, impone anche la cancellazione del tatuaggio. Volti coperti da sciarpe, diavoli e bombe a mano sono i soggetti scelti dai guerriglieri del calcio per ostentare il loro credo.(ANSA).

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“Cerchiamo di avere buoni rapporti con la tifoseria, soprattutto organizzata, anche perché‚ questo ci consente di giocare con minore pressione”: così Fabiano Santacroce ha spiegato ai pm la sua amicizia con Francesco Fucci, il capo ultrà arrestato ieri. I dettagli dei suoi rapporti con i tifosi organizzati sono stati forniti dal difensore, persona informata dei fatti, il 28 dicembre 2010. “Circa i miei contatti con elementi facenti parte della tifoseria organizzata – spiega Santacroce – posso dire di conoscere un tale Francesco e un altro soprannominato ‘il biondo’, in questo momento, per quanto ne so, detenuto a Monza. Non so precisamente di che curva siano, li ho conosciuti tramite Paolo Cannavaro in occasione di un allenamento a Castelvolturno. Quando mi sono stati presentati da Paolo, presumo che mi abbia detto anche il cognome di Francesco e del ‘biondo’, penso fossero amici tra di loro. Non mi sono stati presentati come capi ultras ma come ultras. Successivamente li ho rivisti sempre al campo, avendo lasciato a Francesco il mio numero di telefono, gli ho regalato anche delle maglie”. Ecco come il calciatore ricostruisce la visita fata a casa di Fucci, detenuto agli arresti domiciliari per droga: “In una occasione sono anche andato a casa sua, avendomi chiesto delle magliette. Poiché mi trovavo a venire a Napoli, mi sono recato di pomeriggio dopo l’allenamento a casa sua. Ricordo di essermi incontrato con due amici di Francesco all’uscita della tangenziale corso Malta, dove mi sono recato da solo con la mia auto Mercedes ML, e fui accompagnato sino all’abitazione di Francesco. Non ricordo cosa gli ho portato, mi pare un mio completo. L’autovettura me la fecero lasciare in una piazza vicino all’abitazione del Francesco. Mi pare di ricordare che i due amici poi salirono in casa del Francesco. Sono andato a casa sua – aggiunge Santacroce – solo per fargli il favore di portargli una maglietta che mi aveva chiesto. Non ho mai fatto una cosa simile con altri tifosi. L’ho fatto perché mi sembrava una persona a posto, e sapevo che lui era agli arresti domiciliari, per avermelo detto lui stesso al telefono. Voglio precisare che mi ha chiamato ripetutamente, voglio dire tartassato per la questione delle magliette. Non sapevo che recarmi a casa di un soggetto agli arresti domiciliari potesse avere conseguenze penali, ripeto, ci sono andato perché mi sembrava una brava persona, pur avendo immaginato che potesse avere dei problemi con la giustizia”. Rispondendo alle domande dei pm, il calciatore aggiunge: “Voglio precisare che questo Francesco l’ho conosciuto anche in occasione di un torneo in Piazza Mercato, dove andai perché Paolo Cannavaro o Francesco Montervino me lo chiese, dicendomi che ad esso partecipavano anche dei tifosi ultras della squadra. Ho parlato con Paolo Cannavaro del fatto che la persona che lui mi aveva presentato, così come il biondo, avevano dei problemi con la giustizia, ma non approfondimmo l’argomento particolarmente”. Quindi la spiegazione su questi contatti ambigui: “Cerchiamo di avere buoni rapporti con la tifoseria, soprattutto organizzata, anche perché questo ci consente di giocare con minore pressione”. Infine il difensore, oggi al Parma, spiega il ruolo della società nel rapporto con gli ultrà: “La società non ci da indicazioni circa i rapporti con i tifosi, anche se da quando è arrivato il nuovo direttore sportivo Riccardo Bigon ci è stato detto di avvertire la società quando partecipiamo ad eventi pubblicitari. Non mi è mai capitato che la società mi abbia mandato a casa di qualche tifoso o capo-tifoso, non so se sia mai successo a qualche mio compagno di squadra”. (ANSA)

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