martedì 22 novembre 2011

Non c’è goccia di sangue di Toma Maradona che scorre nelle vene di Aguero

Il borghetto rurale di Manchester, fu fondato nel 79 d.C., proprio mentre il Vesuvio distruggeva Napoli. Ma il calcio è un’altra cosa.
E’ come paragonare una società comprata da un tailandese corruttore, dal nome incomprensibile, rivenduta in fretta e furia ad arabi in cassa integrazione; e un’altra nata in un’aula giudiziaria senza nemmeno un pallone, ma tenuta in vita dall’energia del ricordo dei ricci di un numero dieci. Storie simili direbbero in Bretagna; ma il calcio è un’altra cosa.
Carine le considerazioni di Aguero sulla sua famiglia acquisita e di Mancini sulla città di Napoli.
A me è sembrata paura, fottuta paura, reciproca paura, coordinata inesperienza per assenza di vittorie europee.
Il nostro Napoli esiste da sette anni, quello che è accaduto prima non conta, prendiamolo come un postulato, come dice Aurelio.
Siamo sullo stesso piano, loro di una elevatura tecnica immensa, superiori in tutto, ingaggi faraonici e cartellini pagati in galloni di petrolio, con scelte di trasferimento dettate solo dall’amore per i lingotti d’oro; noi, costruiti dal nulla, lentamente, con importanti investimenti e un equilibrio economico solido. Ma il calcio è un’altra cosa.
Al tifoso, in attesa di una gloriosa partita, ad un bivio tra l’essere la sedicesima squadra del mondo e la scivolata in Europa League, frega veramente poco delle differenze in campo.
Sugli spalti i talenti del City vedranno un uomo traghettato in occidente a giocare al fantacalcio, spodestato anche dalla sua cultura somatica, indossare una cravatta tale da renderlo estraneo a se stesso, figuriamoci ai suoi giocatori; e vedranno a bordo campo un allenatore venuto da Jesi, che dice di amare Napoli alla follia, che è una città sicura. Non c’è mai venuto. In che lingua si capiranno? Si saranno mai capiti?
Sugli spalti i talenti del Napoli vedranno poco, fumogeni nasconderanno in penombra i “baffi” di Aurelio, i cori trasformeranno l’erba in un campo di undici avversari, in broccoli baresi; le oscillazioni dell’arena di Fuorigrotta trasformeranno Napoli nel Paradiso terrestre, come se già non lo fosse, e a quel punto comincerà la partita. Ma questa gente, questa società, avranno indiscutibilmente già vinto. Ma io vorrei vincere davvero.
Domenico Serra
Fonte:Tifonapoli 

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