domenica 20 novembre 2011

Antonello Perillo: “Brutta classifica, al di là delle chiacchiere. E poi non si capisce perché Mazzarri non abbia voluto un Denis o un Pampa Sosa per risolvere certe partite”

Della Champions e della maxi sfida con il City (forza azzurri!!!) ne parleremo nei prossimi giorni. Ora è doverosa una seria riflessione sul campionato. Se Roma-Lecce, Catania-Chievo e Siena-Atalanta oggi dovessero finire con le vittorie delle squadre di casa, il Napoli si ritroverebbe al nono posto, una posizione che evidenzierebbe ancora di più la difficoltà del momento. E’ vero, c’è da recuperare una partita, ma tutti sappiamo che non sarà facile spuntarla contro la Juventus. E ad ogni modo, già oggi i numeri parlano chiaro: dopo dieci partite giocate, il Napoli si ritrova alla stessa distanza dalla zona scudetto e dalla zona retrocessione: 7 punti separano gli azzurri dalla capolista Lazio e dal Lecce, terzultimo della classe. Insomma, le cifre coprono le chiacchiere. Tutto si può dire, tutto si può giustificare, ma in campionato il Napoli sta deludendo parecchio. Una volta è colpa dell’arbitro, un’altra è colpa di un errore di Fideleff, un’altra ancora è la stanchezza dei viaggi internazionali, un’altra è che di fronte ti trovi un Marchetti in serata di grazia, fatto sta che la classifica parla di “aurea mediocritas”. Il Napoli è lì in mezzo. Attualmente in Serie A sembra non lottare per alcun traguardo di rilievo. Una situazione che potrebbe far storcere il naso, con tutto il rispetto, ai tifosi di un Genoa o di un Palermo; figurati se non deve far quanto meno interrogare quelli della squadra azzurra, che tutti -e sottolineo tutti- davano come legittima pretendente al tricolore.
Qualche dato balza agli occhi. In casa il Napoli non è più la schiacciasassi della scorsa stagione. In queste 5 partite disputate al San Paolo il Napoli ne ha vinte solo due (contro Milan e Udinese), per pareggiarne altrettante (contro Fiorentina e Lazio) e perderne una (quella contro il Parma). Su 15 punti in palio all’arena di Fuorigrotta, i guerrieri di Mazzarri ne hanno lasciati sul tappeto ben 7. Nella speciale classifica dei risultati in casa, dodici squadre hanno fatto meglio della nostra. In trasferta le cose non vanno meglio: 7 punti raccolti in 5 partite (vittorie contro Cesena e Inter, pareggio a Cagliari, tracolli sui campi di Chievo e Catania). Ma che succede? Possibile che questi benedetti ragazzi mettano sotto tre big come Milan, Inter (per la verità quest’anno scandalosa) e Udinese, per poi andare a raccogliere figuracce contro le provinciali?
La stagione è partita male da quella partitaccia di Verona contro il Chievo, a pochi giorni dalla sfida con il Villarreal. Non voglio rinvangare polemiche che possono sembrare stucchevoli e che fanno imbestialire il mister, ma non posso non sottolineare che se il Napoli, lanciatissimo dalle vittorie contro Cesena e Milan, avesse giocato quella partita con una formazione normale e non con una squadra sperimentale composta da 7 riserve 7 ed improvvisamente priva di Hamsik, Lavezzi e Cavani, si poteva vincere e volare in alto, dando tutta un’altra carica all’intero ambiente azzurro e una chiara svolta alla stagione azzurra. Parlai, su Azzurrissimo e alla Rai, di “suicidio tattico”. Lo penso ancora di più oggi, quando vedo che alla vigilia della mamma di tutte le partite, cioè la sfida di ritorno con gli inglesi di Mancini, invece di “7 riserve 7″ Mazzarri ha fatto giocare contro la Lazio “11 titolarissimi 11″. Sarò limitato, ma mi sembra che, stringi stringi, il mister contro la Lazio non se la sia sentita di mandare allo sbaraglio i ragazzi.
Il turnover è un’arte affidata al buonsenso degli allenatori. Mazzarri, che ha il merito di aver preso per mano un Napoli in crisi di identità e di averlo proiettato a livelli europei, finora, a mio modestissimo avviso, ha gestito in modo strano e contraddittorio l’organico a propria disposizione. La scelta, ad esempio, di schierare Santana mediano a Catania non la capirò mai. E poi, sarò fissato, una responsabilità evidente dell’allenatore è legata alla questione della prima punta. Il povero Cavani è costretto a giocare stanco e strutto, senza riposare mai. Pandev prima punta non è e no lo sarà mai. Può sostituire il Pocho o giocare largo in un attacco a tre. Ma Lucarelli per quale misterioso motivo è stato contrattualizzato per la seconda stagione consecutiva? Chi è stato a volerne la riconferma per poi non farlo mai giocare? De Laurentiis lo sa che il trentaseienne ormai ex-bomber ha in questa stagione disputato appena 10 minuti 10 di campionato e che non è stato neppure inserito nella lista Uefa per la Champions? Quante partite Reja ha risolto inserendo Pampa Sosa in campo nei minuti finali? E quante partite lo stesso Mazzarri ha raddrizzato nel recente passato gettando nella mischia il bistrattato Denis? Non ho nulla contro Lucarelli. Anzi, mi incavolo proprio perché lo vorrei vedere in campo. Un colpo di testa, una spizzata, una botta al volo, potrebbero risolvere tante sfide. Tutte le squadre del mondo hanno in organico un vero attaccante d’area titolare e almeno un altro pronto ad intervenire in ogni evenienza. Noi no, se dobbiamo giudicare le scelte del mister, che prima ha voluto Lucarelli e poi non lo fa giocare mai. A questo punto non sarebbe stato meglio un Caracciolo, un Floccari, un Destro, un Trezeguet? Ricordo quanto dichiarò Mazzarri a metà agosto nel ritiro di Dimaro: “Con tutto il rispetto, Trezeguet non lo reputo un rinforzo. Per il ruolo di sesto attaccante preferisco Lucarelli, perché è un guerriero: vede la porta alla pari di Trezeguet e lavora per la squadra. Lucarelli è l’unico giocatore, a parte Toni in Italia, che ha caratteristiche particolari”. Esatto: come Toni salta dalla panchina alla tribuna.

Antonello Perillo.

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