La mia mente è divisa tra uno splendido film di Eduardo De Filippo del 1953 e un Teo Teocoli che interpreta Felice Caccamo festeggiante il Napoli vincente a Milano contro l'Inter
 nel 1994. Tutti sanno che sono passati diciassette anni dall'ultima 
vittoria, ostinandoci a parlare di questa società come se fosse 
secolare. Io vorrei invece che l'azienda s.s.c. Napoli sia storicamente 
considerata dalla sua nascita, senza parlare di un passato roseo o 
triste, ereditando elogi, vittorie e debiti, che il nostro buon Aurelio 
non ha accumulato in sette anni di storia. Vorrei leggere: s.s.c. Napoli
 2004.
La gente per strada sente il bisogno di andare avanti; la gente vuole vincere per non pensare; la gente è stanca anche di Diego.
 E io mi fermo e li osservo: come ucciderebbero per una precedenza 
sbagliata; come utilizzano i clacson delle loro auto per compensare 
irragionevoli squilibri emotivi soprattutto appena scatta un semaforo 
verde; come la sera ogni famiglia si riunisce attorno ad un tavolo e fa 
di tutto pur di non ridere; come nessuno ha più voglia di comunicare 
perché pensa che il linguaggio verbale sia su un social network; come 
fanno di tutto per cercare qualcosa pur di non pensare ai debiti, al 
dolore, alla sofferenza, alla disoccupazione, alla recessione. Viviamo 
anni culturalmente bui.
E qui che il calcio Napoli ci salva, una speranza diventata filosofia, 
un meccanismo comunicativo che ci fa sfogare, ci dona serenità. Vedo la 
gente distesa; una maglia azzurra su un bimbo o il racconto di un goal 
di Cavani, uniscono qualsiasi classe sociale. E grazie ad Aurelio De Laurentis questa città sta risorgendo, mentre un'Italia stanca muore nel vortice dei legami col passato. Claudio Ranieri
 è l'emblema inverso di questa rappresentazione, il viaggio dello 
stilizzato inglese inciampato in un romano stretto e versatile. E' il 
concetto morattiano di un calcio arcaico, dove l'innovazione Benitez-gasperiniana
 non è accettata né dai giocatori, né da una società che oggi si sente 
rappresentata da traghettatori; stanca mentalmente, metaforizzabile 
nella classica parola: fine di un ciclo. Walter Mazzarri è parte di un altro obiettivo, che ha coinvolto una metropoli, un paese, una regione, un Regno. 
Lecito avere dubbi sull'esito di Inter - Napoli. Partita imprevedibile. 
L'Inter ha dei problemi atletici e non regge novanta minuti; Ranieri 
farà una partita difensiva per poi ripartire, sceglierà il rombo forse; 
forse il Napoli cercherà di alzare i ritmi, di stancarli, oserà 
rischiando di perdere, forse perderà giocando a testa alta nel silenzio 
di un Meazza conscio del cambio di mano dello scettro del potere 
calcistico. Personalmente vorrei vedere Grava riequilibrare sfide uruguaiane probabilmente ferme a Forlan contro Gargano. Aspettando che Mazzarri riassembli lo spezzatino di un grande giocatore di nome Goran Pandev
 che il calcio, lo sport senza memoria, ha già dimenticato, mi affido ad
 una infettabile insonnia calcistica che ha già contagiato tutti. Che 
vinca il migliore, guidato da designazioni arbitrali storicamente senza 
“fortuna”.
Fonte: Azzurrissimo

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