sabato 8 ottobre 2011

IL DOMENICO SPORTIVO. Serra: "Dalla Loggetta a Frattamaggiore: gli Insigne sulla scia dei fratelli Cannavaro"

La storia di Fabio Cannavaro è nota quanto le lacrime di milioni di tifosi dopo la cessione al Parma; come quelle della vittoria di un campionato del mondo; come quelle del suo nome su un pallone dorato.
Il calcio è uno di quei rari lavori dove è veramente difficile essere raccomandati: bustarelle, il figlio di, il cugino di, la parentela con, sono concetti inavvicinabili al panorama sportivo. Almeno in linea teorica è più semplice per un chirurgo, un odontoiatra, un avvocato, un parlamentare, creare corsie preferenziali.
Il quartiere la Loggetta, in quel della Soccavo di Napoli, vide crescere calcisticamente anche Paolo Cannavaro. La sua storia non è idilliaca come quella del fratello maggiore; oggi Paolo è però divenuto l'evoluzione del libero nello schema a tre, in Italia è ormai senza rivali, nel calcio remoto partenopeo è storicamente superiore per ruolo anche al francese Renica. E' diventato il capitano, colui che è capace di gestire le pressioni di una tifoseria, di una città la cui criminalità ha tenuto o fatto allontanare molti sogni campani. Eppure tutti noi l'abbiamo criticato, quasi emarginato al confronto familiare; confronto improponibile per qualità completamente diverse, per centimetri, anticipo, tecnica, tempi di gioco; chi ci prova forse dovrebbe darsi al bowling. E ora sento che il problema interfamiliare potrebbe ripetersi; il piccolo Lorenzo Insigne fa lunghissimi passi nel panorama calcistico: un misto tra Giovinco, Bojan e Zola, sublime tecnica in pochi centimetri di veloce genialità, un senso dell'inserimento, sia in campo che in squadra, da veterano; mentre il fratello Roberto, diversamente geniale, tre anni in meno, struttura fisica superiore, grande fiuto del goal e invidiabile velocità, fa parlare di se nella seconda squadra di Napoli.
Penso a Fabio, Piergiorgio e Marco Borriello di San Giovanni a Teduccio, a quanto la storia di fratelli campani calciatori sia lunga e ricca di varianti e di risultati diversi; non è che tutti debbano alzare il pallone d'oro... Questa volta la storia è cambiata. La società ha scelto una strada di costruzione giovanile, forse è stufa, veramente stufa di osservare i napoletani vincere altrove, che sia Berlino o San Pietroburgo; forse è stufa, veramente stufa, semplicemente di una nazionale classista-juventina, dove forse paradossalmente, potremmo aspettarci anche di vedere Michele Pazienza. Sogno un Napoli di napoletani, dei fratellini Insigne e una nazionale italiana di giocatori del Napoli; e lo sogna anche Aurelio, certo ha smesso di dirlo, ma solo per scaramanzia. Non gli ha portato bene.

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