La
storia di Fabio Cannavaro è nota quanto le lacrime di milioni di tifosi
dopo la cessione al Parma; come quelle della vittoria di un campionato
del mondo; come quelle del suo nome su un pallone dorato.
Il calcio è uno di quei rari lavori dove è veramente difficile essere
raccomandati: bustarelle, il figlio di, il cugino di, la parentela con,
sono concetti inavvicinabili al panorama sportivo. Almeno in linea
teorica è più semplice per un chirurgo, un odontoiatra, un avvocato, un
parlamentare, creare corsie preferenziali.
Il quartiere la Loggetta, in quel della Soccavo di Napoli, vide crescere
calcisticamente anche Paolo Cannavaro. La sua storia non è idilliaca
come quella del fratello maggiore; oggi Paolo è però divenuto
l'evoluzione del libero nello schema a tre, in Italia è ormai senza
rivali, nel calcio remoto partenopeo è storicamente superiore per ruolo
anche al francese Renica. E' diventato il capitano, colui che è capace
di gestire le pressioni di una tifoseria, di una città la cui
criminalità ha tenuto o fatto allontanare molti sogni campani. Eppure
tutti noi l'abbiamo criticato, quasi emarginato al confronto familiare;
confronto improponibile per qualità completamente diverse, per
centimetri, anticipo, tecnica, tempi di gioco; chi ci prova forse
dovrebbe darsi al bowling. E ora sento che il problema interfamiliare
potrebbe ripetersi; il piccolo Lorenzo Insigne fa lunghissimi passi nel
panorama calcistico: un misto tra Giovinco, Bojan e Zola, sublime
tecnica in pochi centimetri di veloce genialità, un senso
dell'inserimento, sia in campo che in squadra, da veterano; mentre il
fratello Roberto, diversamente geniale, tre anni in meno, struttura
fisica superiore, grande fiuto del goal e invidiabile velocità, fa
parlare di se nella seconda squadra di Napoli.
Penso a Fabio, Piergiorgio e Marco Borriello di San Giovanni a Teduccio,
a quanto la storia di fratelli campani calciatori sia lunga e ricca di
varianti e di risultati diversi; non è che tutti debbano alzare il
pallone d'oro... Questa volta la storia è cambiata. La società ha scelto
una strada di costruzione giovanile, forse è stufa, veramente stufa di
osservare i napoletani vincere altrove, che sia Berlino o San
Pietroburgo; forse è stufa, veramente stufa, semplicemente di una
nazionale classista-juventina, dove forse paradossalmente, potremmo
aspettarci anche di vedere Michele Pazienza. Sogno un Napoli di
napoletani, dei fratellini Insigne e una nazionale italiana di giocatori
del Napoli; e lo sogna anche Aurelio, certo ha smesso di dirlo, ma solo
per scaramanzia. Non gli ha portato bene.
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