giovedì 15 settembre 2011

Il cuore partenopeo che ingoia petrolio e sputa ossigeno

14 settembre 2011 - La storia del calcio Napoli riparte da qui.
Tremila tifosi senza griffe, come il loro condottiero di San Vincenzo, probabilmente disoccupati, poveri, pronti a indebitarsi per una emozione senza cravatta o giacche d'obbligo in tribuna, ma con cuori aritmici e surrealmente sincronizzati, come diretti da Riccardo Muti, come se quest'ultimo fosse uno steward e non dinanzi ad una tv 3d a sognare da buon napoletano.
Assuefatti tutti dalle stesse paure, quasi tutti alle elementari ventuno anni fa, quasi tutti calvi o stempiati oggi, alcuni con la mente all'Anfield Road di un anno fa, un sospiro di sollievo per l'assenza di Dossena ex emozionato, uno di paura per la presenza di Salvatore Aronica.
Di quattordici eroi di una serata solo placcata d'oro, grazie ad un guardalinee presbite da lobotomizzare rimasto a condizionanti ricordi infantili di plateali tuffi circensi, sento di dover citare proprio lui, un lucchetto palermitano dal cuore forte, meritevole di lodevoli complimenti e scuse. Elegiaco e d'altra categoria.
Ascolto l'odore del platino, eppure un punto non è nulla.
Un tifo impressionante, che smonta, come pezzi di un vecchio gioco Lego, lo strapotere di un'eleganza calcistica senza coordinazione, priva di senso tattico, irriverente e spocchiosa, legata al singolo stupefacente giocatore, o al provare a mimare il calcio di una cantera spagnola concettualmente lontana.
Non riesco a dormire, vivo l'insonnia di milioni di tifosi, contagiato dalla loro aritmia, la mia mente respira il rumore del legno scheggiato dal Pocho, per me più di una rete annuvolata da uno sferico pallone effettato.
E intanto Ezequiel Ivan Lavezzi, si incorona da solo, sotto lo sguardo di Diego e di Giannina, dove solo pestoni sanzionati in modo monodirezionale, hanno provato a sfilargli la corona.
Siamo dinanzi al miglior giocatore mai arrivato da queste parti, almeno fino ad ora. Tutto sommato siamo una società che ha solo sette anni, presto per scrivere la storia, non credete?
E ora la mente scappa lontana, il sonno si avvicina, solo per stuzzicarmi. Finisco col pensare a Bruce Harper Pandev, uno di quei giocatori annoiati e insicuri, che hanno voglia di rinascere già domenica prossima. “Milano non ha il bosco di Capodimonte per correre e recuperare gamba”, direbbe Alberto Feola, e lui è come Achille, ha solo un punto debole...
Ma questa è un'altra storia, di un'altra partita, in un altro giorno, speriamo sia quella di Goran. Mascara e Lucarelli, permettendo...
Grazie azzurri.

Domenico Serra

1 commento:

AntonioMarano ha detto...

Grande Domenico.
Io però, quando il Napoli vince, dormo profondamente. E' il contrario che vivo male anche in compagnia di Morfeo!

Aspetto anche io Pandev. Il macedone è un tenore e presto schiarirà la voce. Ogni volta ci va sempre vicino. Speriamo!!!

Un grande, anzi grandissimo inchino ai tremila di Manchester, anche da parte mia!!!