ROMA, 28 dicembre - Un Napoli «in stile Barcellona». E' quello che spera di costruire nel prossimo futuro Aurelio De Laurentiis, presidente del club azzurro, che ha parlato in un'intervista che andrà in onda questa sera alle 23.30 su Sky Sport 1 HD.
Che voto darebbe al suo Napoli?
«Non posso dare dei voti. Credo che nel Napoli funzioni la formula di una società che è vicina ai calciatori e al proprio allenatore con grande rispetto e democraticità. Con il nostro allenatore abbiamo fatto un programma. Avevo un contratto di due anni con Mazzarri ma mi sono trovato talmente bene dopo alcuni mesi di lavoro con lui che, pur avendo ancora un altro anno di contratto, gli ho proposto di prolungarlo per altri due anni per farne diventare in tutto quattro, in modo tale da poter creare insieme qualcosa di importante. Ho sempre detto che il mio secondo quinquennio sarà quello della creazione del vero Napoli, un Napoli in stile Barcellona dove si parte da talenti molto giovani. Quando mi domandano se punto allo Scudetto o alla Champions rispondo sempre che punto soltanto a migliorare la squadra, poi si vedrà. Dove si arriverà, si arriverà. Nel calcio si vuole tutto e subito. Io, invece, voglio costruire qualcosa di duraturo. Credo che non si debba pretendere da questo Napoli che vinca tutto e subito, anche perché non mi va di sfasciare il giocattolo».
Perché Mazzarri è l’allenatore giusto? «Nel mio primo anno in Serie A, pregai Pierpaolo Marino di contattarlo. Poi ci fu un misunderstanding, mi arrivò una richiesta che poi nel tempo ho verificato non essere veritiera. Io l’ho giudicata esagerata e ho pensato per un attimo che quell’allenatore volesse venire da noi solo per soldi, cosa che non era vera o forse in quel momento era affezionato alla Sampdoria e non si sarebbe mosso. Non sono andato a fondo in questa storia. Sta di fatto che io sono rimasto con Edoardo Reja. Con Donadoni, purtroppo, non è andata come sarebbe dovuta andare e il resto è storia. Abbiamo cambiato un po’ tutto quanto nel Napoli: l’organizzazione, finalmente è arrivato Mazzarri, ho un Direttore Sportivo, ho organizzato il reparto della ricerca su tutti i territori esteri dei nuovi giocatori, tutta la parte del settore giovanile e continuiamo ad organizzare sempre di più. E’ arrivato il nuovo Direttore Generale e voglio ancora vedere cosa si può fare per migliorarlo questo Napoli. E’ chiaro che mirerei non a sfasciare tutto ma a cambiare tutto perché vedo che tutti si lamentano, o meglio nessuno vorrebbe farlo, di fatto si lamentano ma le reazioni sono leggere. Tutti i club si lamentano perché i conti non tornano, il mercato è in continua trasformazione, lo stadio reale sta sempre più lasciando il passo a quello virtuale. Penso che il mondo del calcio sia estremamente vecchio».
Cavani è tra gli acquisti più fortunati della sua gestione?
«Ho avuto la fortuna di trovare Cavani a 23 anni. Di solito si aveva in passato l’abitudine a prendere giocatori già formati, di 25-26 anni che potessero dare il massimo. Oggi la tendenza è quella di prendere giocatori di 18-19-20 anni. Bisogna stare attenti, perché questa tendenza sta abituando a definire subito un giocatore un campionissimo, ma perché uno sia un campione bisogna testarne non soltanto le qualità fisiche e di gioco, ma anche il suo carattere, la sua cultura, la compatibilità con il tipo di location, di allenatore e con gli altri componenti della squadra».
Come si può migliorare la situazione degli stadi in Italia? «C’è tanta gente che per una questione anagrafica, di disponibilità temporale, di costi non si può più permettere di andare allo stadio. Anche Napoli, che era la roccaforte dello spettatore calcistico sugli spalti, sta cominciando a perdere spettatori perché ovviamente è più comodo e meno costoso stare in pantofole a casa a vedere la partita con un amico o con i propri familiari. E’ chiaro che i nostri stadi non contribuiscono a favorire l’amore per venire allo stadio perché sono obsoleti e non all’altezza, però l’evoluzione dello stadio virtuale porterà anche paesi come la Germania e l’Inghilterra, dove gli stadi sono concepiti con criteri modernissimi, a perdere degli spettatori. Bisogna perciò convivere con un’idea diversa: creare uno stadio molto spettacolarizzato dove si vive l’evento in un altro modo, stadi che abbiano pochi posti e comodi. Gli stadi da 70-80 mila persone hanno fatto il loro tempo. Se mi chiedessero come vedrei uno stadio futuro per il Napoli, lo saprei dire solo tra quattro anni, perché nel giro di quattro anni avremo le idee chiarissime. Io di progetti ne ho fatti vari, ci abbiamo lavorato moltissimo negli ultimi due anni. Napoli, però, ha altre proprietà, ha una situazione urbanistica da mettere a posto, c’è una giunta comunale che cambierà tutta nei prossimi mesi, chi arriverà non è detto che possa immediatamente fare, disporre, creare ciò che sarebbe giusto fare. Tra il progettare e il realizzare passano sempre quei mesi e quei anni in cui il mercato mondiale del calcio si modifica. Non dobbiamo sempre pensare solo al calcio italiano, dobbiamo ragionare in termini mondiali. Noi dobbiamo giocare un campionato italiano ma anche un campionato internazionale. Che senso ha fare l’Europa League e la Champions League?»
Ci sono stati degli sviluppi dopo il suo incontro con Platini?
«Platini è una persona adorabile, molto civile, è una persona per bene però ha chiaramente una sua visione che è una visione del passato perché lui è stato un grandissimo calciatore della Juventus, ma sono passati tanti anni! Noi da un lato vogliamo fare squadre con giocatori di 18-19 anni ma poi continuiamo a ragionare come si faceva negli anni 50-60. Il calcio oggi è una vera industria». Come concepirebbe una nuova competizione europea? «Cancellerei cinque nazioni (Italia, Spagna, Francia, Germania, Inghilterra) dalla Champions League e dall’Europa League e le farei partecipare ad una nuova competizione con le prime otto dei rispettivi campionati nazionali. Avremmo 5 nazioni con 40 squadre e verrebbe una competizione straordinaria, dove ci sarebbe una maggiore logica per il fair play, per gli stipendi che io trovo sempre illogici e altissimi. In America non si paga un attore 20-30 milioni di dollari se il film non fa un fatturato di 200-300 milioni di dollari. Sarebbe pura follia. Nel calcio deve essere la stessa identica cosa. Se noi ci accontentiamo delle briciole, se prestiamo i nostri giocatori per le Nazionali e qualcuno si fa male, se io presto Cavani, lui si rompe e non può giocare per otto mesi, io dovrei avere 50 milioni di indennizzo, perché c’è il danno emergente e il lucro cessante. Anche i calendari, ce li dobbiamo amministrare noi. Non vorrei che il campionato in Italia cominciasse prima del 1° ottobre. Si parla di stadi vuoti. A fine agosto, quando la gente è ancora al mare, chi va allo stadio? Il prodotto bisogna saperlo vendere, far desiderare, al di là della qualità degli stadi o meno. Noi non abbiamo gli stadi, facciamo dei calendari che sono un non-senso, ci pestiamo i piedi tra di noi e ce li facciamo pestare dagli altri. C’è S.Gennaro che ci protegge perché dovremmo essere tutti quanti fuori dal giro».
Che idea si è fatta della situazione all’Inter?
«Non è semplice vincere tutto e ripartire in quarta come se non si dovesse considerare che i giocatori devono recuperare una condizione fisica, psicologica e che c’è un cambio di allenatore. Non c’è stato il tempo, perciò prima dicevo che bisognerebbe cominciare il campionato non prima di ottobre».
Le piace Leonardo come allenatore? «Lo conosco poco, mi sembra una persona estremamente educata, garbata, sufficientemente dolce e sufficientemente serio e professionale per poter usare il bastone e la carota».
Cosa si aspetta dai suoi giocatori il 6 e il 9 gennaio contro Inter e Juventus?
«I miei giocatori devono stare tranquilli, sereni, pensare partita per partita giocando al massimo della forma e seguendo le indicazioni dell’allenatore. Confido in loro, abbiamo sempre fatto bene sia con la Juventus che con l’Inter e spero di continuare a fare anche in queste due partite una bellissima figura»
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