Quagliarella la verità, finalmente, l’ha detta, ma non a giornalisti o ai compagni di squadra. Ha dovuto dirla al gruppo della Procura che si occupa dei reati da stadio.
Fabio ha raccontato che per il suo addio al Napoli è stato decisivo anche il rapporto che non era idilliaco con l’allenatore Mazzarri e con altri compagni di squadra. Tre i calciatori che con Quagliarella non andavano d’accordo: Lavezzi, Gargano e Campagnaro, ovvero il gruppo del Pocho, quello che temeva che con lo stabiese Lavezzi potesse perdere la leadership all’interno dello spogliatoio, per l’effetto che un napoletano poteva avere sulla sua gente, magari proprio per le dichiarazioni rese da Fabio Quagliarella al suo arrivo a Napoli.
Però, l’attaccante di Castellammare di Stabia, ora alla Juventus, spiega che tutti i motivi delle frizioni erano legate a questioni di natura tecnico-tattica, che in quello spogliatoio c’erano rivalità come in altri ambienti, niente di particolare.
Resta un dato inequivocabile: lui e Lavezzi si passavano il pallone in campo solo quando non potevano farne a meno, la rivalità era palese.
Quagliarella, interrogato il 16 giugno del 2011, ha spiegato ai magistrati napoletani che non c’erano anomalie sulle gare degli azzurri. L’attaccante ha raccontato: “Si giunse così alla partita Sampdoria-Napoli. Per i nostri avversari vincere era necessario per andare in Champion’s League. Per noi era una partita priva di valore di classifica. Ma, come detto, per me era importante anche per quell’obiettivo economico (Quagliarella aveva un premio per il raggiungimento del dodicesimo gol in campionato). A domanda, preciso che molti miei compagni erano a conoscenza di quella clausola del mio contratto. Io stesso mi ero confidato con taluno di loro e la voce si era sparsa nello spogliatoio, tanto che, poco prima dell’incontro, anche l’allenatore Mazzarri (che invece agli inquirenti ha detto di non essere a conoscenza delle condizioni del contratto di Quagliarella, ndr) mi chiamò per dirmi che sapeva del mio obiettivo e che, schierandomi in campo, mi avrebbe messo in condizione di raggiungerlo. Durante la partita, feci di tutto per segnare. Il loro portiere fece miracoli e mi parò due tiri con i quali ero certo di poter segnare. A domanda, preciso che non colsi alcuna anomalia nel comportamento dei miei compagni. del resto, l’incontro fu preparato con scrupolo dall’allenatore, che, come me e Maggio, era un ex tesserato della Sampdoria e, magari solo per questo, ci teneva a che la sua squadra facesse bella figura”.
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