Il borghetto rurale di Manchester, fu fondato nel 79 d.C., proprio 
mentre il Vesuvio distruggeva Napoli. Ma il calcio è un’altra cosa.
E’ come paragonare una società comprata da un tailandese corruttore, dal
 nome incomprensibile, rivenduta in fretta e furia ad arabi in cassa 
integrazione; e un’altra nata in un’aula giudiziaria senza nemmeno un 
pallone, ma tenuta in vita dall’energia del ricordo dei ricci di un 
numero dieci. Storie simili direbbero in Bretagna; ma il calcio è 
un’altra cosa.
Carine le considerazioni di Aguero sulla sua famiglia acquisita e di Mancini sulla città di Napoli.
A me è sembrata paura, fottuta paura, reciproca paura, coordinata inesperienza per assenza di vittorie europee.
Il nostro Napoli esiste da sette anni, quello che è accaduto prima non conta, prendiamolo come un postulato, come dice Aurelio.
Siamo sullo stesso piano, loro di una elevatura tecnica immensa, 
superiori in tutto, ingaggi faraonici e cartellini pagati in galloni di 
petrolio, con scelte di trasferimento dettate solo dall’amore per i 
lingotti d’oro; noi, costruiti dal nulla, lentamente, con importanti 
investimenti e un equilibrio economico solido. Ma il calcio è un’altra 
cosa.
Al tifoso, in attesa di una gloriosa partita, ad un bivio tra l’essere 
la sedicesima squadra del mondo e la scivolata in Europa League, frega 
veramente poco delle differenze in campo.
Sugli spalti i talenti del City vedranno un uomo traghettato in 
occidente a giocare al fantacalcio, spodestato anche dalla sua cultura 
somatica, indossare una cravatta tale da renderlo estraneo a se stesso, 
figuriamoci ai suoi giocatori; e vedranno a bordo campo un allenatore 
venuto da Jesi, che dice di amare Napoli alla follia, che è una città 
sicura. Non c’è mai venuto. In che lingua si capiranno? Si saranno mai 
capiti?
Sugli spalti i talenti del Napoli vedranno poco, fumogeni nasconderanno 
in penombra i “baffi” di Aurelio, i cori trasformeranno l’erba in un 
campo di undici avversari, in broccoli baresi; le oscillazioni 
dell’arena di Fuorigrotta trasformeranno Napoli nel Paradiso terrestre, 
come se già non lo fosse, e a quel punto comincerà la partita. Ma questa
 gente, questa società, avranno indiscutibilmente già vinto. Ma io 
vorrei vincere davvero.
Domenico Serra
Fonte:Tifonapoli 

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