Ho sempre vissuto le sfide con la “signora zebrata” con un fascino
naif; c’è sempre stato qualcuno incrociato nella mia vita, vicinissimo
al mio quotidiano o casualmente frequentato, che mi spingesse a dire a
qualcun’altro: uh, guarda quello, poverino, è uno juventino.
E più cercavo di evitarli, più finivo per trovarne ovunque, come una
sindrome il cui contagio può colpire chiunque: come il tessuto muscolare
di Del Piero in un lontano 1998 cresciuto improvvisamente, come un
processo a Calciopoli con sanzioni fantacalcistiche, pieno di punti
oscuri. Io con questo schifo ci sono cresciuto. Anni prima, ho però
apprezzato il talento immenso e irraggiungibile del Platini, senza
paragoni. Gli alieni argentini, dalla folta chioma riccia, mica
rientrano nelle statistiche? Napoli e Juventus si affidano al loro
destino, chi per consolidarsi ammazza-grandi, chi per tornare
definitivamente ai vertici dopo il calvario degli imbrogli, tra serie B,
e rifiuti di Aguero o Rossi.
I miei confronti storici viaggiano agli almanacchi del campionato
1970-1971, ad un 8 novembre 1970. Quel Napoli vinse 1-0 col goal di
Pogliana. Rimase in vetta e terminò quel campionato 3°, proprio dinanzi
alla Juventus.
Un mese e un giorno prima, il 7 ottobre 1970, il Nera e gli altri esondarono, Genova subì l’ennesima distruzione.
“…nera che porta via che porta via la via
nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera nera
nera che picchia forte che butta giù le porte…”
Fabrizio de Andrè riecheggia nel mio Iphone; la vicinanza sportiva al
popolo genovese sublima oltre il calcio, raggiunge una terra distrutta,
a quel ricordo atroce nei testi, dove il calcio forse dovrebbe
fermarsi. 41 anni dopo il dolore è disarmante, fermarsi sarebbe troppo,
ma la mia ansia pre derby Regno delle due Sicilie contro Savoia, proprio
non riesce a venir fuori.
Ma il calcio è anche provare ad andare avanti; avrei sognato un derby
Juve Stabia Macedonia, dove mentre uno si finge infortunato, all’altro
spetta uno spezzone di partita sufficiente per renderla determinante.
Sarebbe ora.
Preferirei perdere, ma rivedere le statistiche di quel lontano campionato. Aspettando Pandev…
Domenico Serra
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