Della Champions e della maxi sfida con il City (forza azzurri!!!) ne
parleremo nei prossimi giorni. Ora è doverosa una seria riflessione sul
campionato. Se Roma-Lecce, Catania-Chievo e Siena-Atalanta oggi
dovessero finire con le vittorie delle squadre di casa, il Napoli si
ritroverebbe al nono posto, una posizione che evidenzierebbe ancora di
più la difficoltà del momento. E’ vero, c’è da recuperare una partita,
ma tutti sappiamo che non sarà facile spuntarla contro la Juventus. E ad
ogni modo, già oggi i numeri parlano chiaro: dopo dieci partite
giocate, il Napoli si ritrova alla stessa distanza dalla zona scudetto e
dalla zona retrocessione: 7 punti separano gli azzurri dalla capolista
Lazio e dal Lecce, terzultimo della classe. Insomma, le cifre coprono le
chiacchiere. Tutto si può dire, tutto si può giustificare, ma in
campionato il Napoli sta deludendo parecchio. Una volta è colpa
dell’arbitro, un’altra è colpa di un errore di Fideleff, un’altra ancora
è la stanchezza dei viaggi internazionali, un’altra è che di fronte ti
trovi un Marchetti in serata di grazia, fatto sta che la classifica
parla di “aurea mediocritas”. Il Napoli è lì in mezzo. Attualmente in
Serie A sembra non lottare per alcun traguardo di rilievo. Una
situazione che potrebbe far storcere il naso, con tutto il rispetto, ai
tifosi di un Genoa o di un Palermo; figurati se non deve far quanto meno
interrogare quelli della squadra azzurra, che tutti -e sottolineo
tutti- davano come legittima pretendente al tricolore.
Qualche dato balza agli occhi. In casa il Napoli non è più la
schiacciasassi della scorsa stagione. In queste 5 partite disputate al
San Paolo il Napoli ne ha vinte solo due (contro Milan e Udinese), per
pareggiarne altrettante (contro Fiorentina e Lazio) e perderne una
(quella contro il Parma). Su 15 punti in palio all’arena di Fuorigrotta,
i guerrieri di Mazzarri ne hanno lasciati sul tappeto ben 7. Nella
speciale classifica dei risultati in casa, dodici squadre hanno fatto
meglio della nostra. In trasferta le cose non vanno meglio: 7 punti
raccolti in 5 partite (vittorie contro Cesena e Inter, pareggio a
Cagliari, tracolli sui campi di Chievo e Catania). Ma che succede?
Possibile che questi benedetti ragazzi mettano sotto tre big come Milan,
Inter (per la verità quest’anno scandalosa) e Udinese, per poi andare a
raccogliere figuracce contro le provinciali?
La stagione è partita male da quella partitaccia di Verona contro il
Chievo, a pochi giorni dalla sfida con il Villarreal. Non voglio
rinvangare polemiche che possono sembrare stucchevoli e che fanno
imbestialire il mister, ma non posso non sottolineare che se il Napoli,
lanciatissimo dalle vittorie contro Cesena e Milan, avesse giocato
quella partita con una formazione normale e non con una squadra
sperimentale composta da 7 riserve 7 ed improvvisamente priva di Hamsik,
Lavezzi e Cavani, si poteva vincere e volare in alto, dando tutta
un’altra carica all’intero ambiente azzurro e una chiara svolta alla
stagione azzurra. Parlai, su Azzurrissimo e alla Rai, di “suicidio
tattico”. Lo penso ancora di più oggi, quando vedo che alla vigilia
della mamma di tutte le partite, cioè la sfida di ritorno con gli
inglesi di Mancini, invece di “7 riserve 7″ Mazzarri ha fatto giocare
contro la Lazio “11 titolarissimi 11″. Sarò limitato, ma mi sembra che,
stringi stringi, il mister contro la Lazio non se la sia sentita di
mandare allo sbaraglio i ragazzi.
Il turnover è un’arte affidata al buonsenso degli allenatori.
Mazzarri, che ha il merito di aver preso per mano un Napoli in crisi di
identità e di averlo proiettato a livelli europei, finora, a mio
modestissimo avviso, ha gestito in modo strano e contraddittorio
l’organico a propria disposizione. La scelta, ad esempio, di schierare
Santana mediano a Catania non la capirò mai. E poi, sarò fissato, una
responsabilità evidente dell’allenatore è legata alla questione della
prima punta. Il povero Cavani è costretto a giocare stanco e strutto,
senza riposare mai. Pandev prima punta non è e no lo sarà mai. Può
sostituire il Pocho o giocare largo in un attacco a tre. Ma Lucarelli
per quale misterioso motivo è stato contrattualizzato per la seconda
stagione consecutiva? Chi è stato a volerne la riconferma per poi non
farlo mai giocare? De Laurentiis lo sa che il trentaseienne ormai
ex-bomber ha in questa stagione disputato appena 10 minuti 10 di
campionato e che non è stato neppure inserito nella lista Uefa per la
Champions? Quante partite Reja ha risolto inserendo Pampa Sosa in campo
nei minuti finali? E quante partite lo stesso Mazzarri ha raddrizzato
nel recente passato gettando nella mischia il bistrattato Denis? Non ho
nulla contro Lucarelli. Anzi, mi incavolo proprio perché lo vorrei
vedere in campo. Un colpo di testa, una spizzata, una botta al volo,
potrebbero risolvere tante sfide. Tutte le squadre del mondo hanno in
organico un vero attaccante d’area titolare e almeno un altro pronto ad
intervenire in ogni evenienza. Noi no, se dobbiamo giudicare le scelte
del mister, che prima ha voluto Lucarelli e poi non lo fa giocare mai. A
questo punto non sarebbe stato meglio un Caracciolo, un Floccari, un
Destro, un Trezeguet? Ricordo quanto dichiarò Mazzarri a metà agosto nel
ritiro di Dimaro: “Con tutto il rispetto, Trezeguet non lo reputo
un rinforzo. Per il ruolo di sesto attaccante preferisco Lucarelli,
perché è un guerriero: vede la porta alla pari di Trezeguet e lavora per
la squadra. Lucarelli è l’unico giocatore, a parte Toni in Italia, che
ha caratteristiche particolari”. Esatto: come Toni salta dalla panchina alla tribuna.
Antonello Perillo.
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