La Barcellona di Corrado Ferlaino, il presidente degli scudetti del
Napoli, è quella di Joan Gaspart, il vicepresidente azulgrana che nel
1984 non voleva cedere Maradona. Ma anche quella delle ramblas di cui
ebbe paura nel suo primo viaggio a 18 anni. E quella della grande festa
che diede nel 1982. Sulla sua barca, all’ancora nel porto catalano,
spaghettata per tutti i dirigenti italiani, da Sordillo a De Gaudio, per
celebrare il trionfo azzurro nel mundial. Ingegner Ferlaino, ci
racconta Barcellona? «A 18 anni la ritenni un po’ provinciale. Venivo da
Napoli, la città più bella del mondo, avevo un po’ la puzza sotto il
naso e quella Barcellona faceva anche paura. Poi ha avuto una
trasformazione radicale. Hanno distrutto Barceloneta, un quartiere
storico e caratteristico, come se noi radessimo al suolo Santa Lucia».
Real o Barça? «Non ho dubbi, Real. I catalani sono antipatici. Tra le
due squadre tifo sempre per il Madrid. Loro sono aperti e cordiali, ci
fecero anche sponda quando facemmo credere al Barcellona che Maradona
non ci interessava più. E poi non si può paragonare Napoli e Barcellona.
Quella è una città ricca, come Milano». Da quando nasce l’antipatia?
«Direi da sempre, però nei periodi della trattativa di Maradona furono
insopportabili. Più che una trattativa fu uno scontro. Celentano,
Juliano ed io andavamo avanti e indietro con l’aereo per convincerli.
Pensavano che non avessimo i soldi per comprarlo, che fossero quelli
della camorra. E invece alle spalle avevamo un cda del Napoli fortissimo
e un governo intero visti i tanti ministri partenopei. Tutti capirono
che l’ingaggio di Diego sarebbe stato un modo per rilanciare la città».
Cosa diceva Maradona di loro? «Che erano antipatici e il suo clan faceva
di tutto per indispettirli». Così da lasciarlo partire. «Lui voleva
fortemente Napoli. Era una trattativa riuscita prima ancora di
cominciare. Portavamo qui il più forte giocatore del mondo. Pensi un
po’, è come se Messi oggi dicesse voglio lasciare Barcellona per venire a
Napoli». Che effetto le hanno fatto i trentamila che giovedì erano al
San Paolo? «Napoli ama il Napoli, anche quando ero presidente io in
queste occasioni c’era tanta gente. Era una grande festa». I cori per
Lavezzi innanzitutto. Ma davvero è paragonabile a Maradona? «Non
bestemmiamo. Però...» Però? «Il dribbling secco, quelle serpentine, gli
slalom. Saltare l’uomo è un po’ come irriderlo, prendersi gioco di lui e
in questo Lavezzi è molto scugnizzo. Uno dei motivi per il quale i
tifosi si affezionano così tanto». E la maglia numero dieci? «Sono cose
che non mi riguardano, competono alla società e al giocatore». Dribbling
secco, alla Maradona. Ultima domanda. Vedrà la partita lunedì? «Certo, e
le assicuro che gli scongiuri non mancheranno».
Finte: Il Mattino.
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