Sarebbe stato bello se il Napoli fosse arrivato al compleanno del suo eroe (Maradona) con una bella classifica – come la Lazio di Reja, ad esempio – e con tanta allegria; il Milan ha rovinato la festa e adesso c’è solo la speranza di recuperare a Brescia il terreno e lo spirito perduti, con una prova di grande spessore tecnico e agonistico che l’avversario inguaiato può rendere sì complicata ma che l’indiscussa superiorità dovrebbe consentire. Mi dicono che Cavani non giocherà “per il turnover”: preferisco sapere che ha bisogno di recuperare, che il suo brillante incedere s’è opacizzato, rallentato proprio per eccesso di buona volontà, una virtù che lo avvicina a Lavezzi, il generoso sgobbone di sempre, e lo allontana invece da Hamsik, che ha qualche punto di classe in più e un’oncia di spirito di sacrificio in meno. Con questi piccoli ma importanti problemi deve battersi Mazzarri che invece dal giorno in cui è arrivato non s’è mai tirato indietro dall’impegno pratico e dalla voglia matta di vincere che purtroppo non sempre riesce a trasmettere ai suoi ragazzi. Soprattutto agli ultimi arrivati che godono di buona fama professionale ma non hanno ancora mostrato compiutamente il loro valore; dopodiché i tifosi più accesi invece di mettergli un po’ di pepe in quel posto se la fanno con uno come Gargano che da anni si spreme – insieme a pochi altri - per onorare la maglia che indossa. Sarebbe utile se al Napoli i giocatori cominciassero a temere adeguate conseguenze del loro comportamento senza pensare che i possibili conti debba pagarli sempre e soltanto l’allenatore. Dopo il Milan ho contestato la solita storia “del Napoli che gioca col cuore” sollevando qualche protesta fra i lettori: ribadisco il concetto, ovvero l’inutilità (dimostrata) della tardiva seppur generosa reazione al vantaggio avversario quando questo viene ormai abitualmente aiutato con un avvio confuso e svogliato della gara. Ed è doppiamente colpevole, questo atteggiamento, se si tiene conto che si verifica puntualmente al San Paolo, davanti al pubblico amico, come se l’approccio della partita venisse trasformato in una passerella di storditi pazzarielli già vincitori di qualcosa. Questo dovrebbero capire: che non hanno vinto niente. Che sono – nella migliore delle ipotesi – come quel Cassano (oggi sognato dai napoletani) che qualcuno, in questi giorni, ha paragonato a Maradona. Il calcio italiano è pieno di campioni – non faccio nomi per carità di patria – che hanno vinto molti titoli. Di giornale. Mai un “titulo” sul campo, come diceva Josè Mourinho. E siccome vogliono farsi pagare alla grande, con ingaggi e stipendi da nababbi, viene il momento in cui chiedergli la restituzione di qualcosa: non di un “cuore generoso” ma di risultati pratici. Dunque vorrei rivedere i giocatori del Napoli col coltello fra i denti – come un anno fa di ‘sti tempi – con una voglia di vincere stampata in faccia, con il forte senso di gruppo che nel recente passato gli ha permesso di conquistare – ad esempio – Firenze e Torino. Forse non è abbastanza importante, per qualcuno, spezzare le reni al modesto Brescia; e invece sarà il caso di andarci con tanta prudenza e tanto coraggio per conquistare una vittoria che rilanci gli azzurri verso i traguardi cantati a Fuorigrotta dal popolo in via di disillusione.
Fonte: Azzurrissimo
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