E' arrivato il direttore d'orchestra, che al Napoli mancava dai tempi di
 Antonio Juliano, bacchetta magica di una squadra di allegri campioni e 
mastini del football, e la musica azzurra è già migliorata ai primi 
accordi in amichevole. Gokhan Inler, svizzero di un cantone di colline e
 pianure nel nord-ovest della Confederazione, figlio di genitori turchi,
 27 anni, bella presenza, è il Riccardo Muti dell'orchestra di Mazzarri:
 batte il tempo, sollecita gli assolo di Hamsik e Maggio (prossimamente 
di Lavezzi e Cavani), comanda l'adagio, l'andante mosso e l'allegro 
agitato dell'intera squadra. Ha la bacchetta nei piedi. Con Blerim 
Dzemaili, di origini macedoni, forma la nuova coppia elvetica di 
centrocampo, novità assoluta nella storia azzurra che di calciatori 
svizzeri ne contava sinora appena uno, l'indefinibile David Sesa, pagato
 18 miliardi nei tempi delle follie napoletane, un piccoletto che si 
negò ripetutamente al gol e lasciò di sé la definizione di "signor 
sicuramente", l'avverbio che condiva ripetutamente le sue esternazioni. 
Rispetto al nostro mitico Totonno Juliano, uno degli ultimi registi del 
calcio italiano, Inler gioca più indietro nel double-face di 
soccorritore difensivo e creatore di gioco portandosi venti metri più 
avanti. Emulo di Guglielmo Tell, scocca spesso la freccia che spacca la 
mela del gol. Da centrocampista in frack, ha un incedere elegante, il 
bastone del comando, ha un pallone per capello, piedi buoni i suoi 
gemelli, molta classe nell'occhiello. Ha l'aspetto trasognato, però 
vigile e presente, già si sa da dove viene e dove va. L'avrebbe potuto 
cantare Modugno, lo canta Luca Sepe puntuale chansonnier dei 
protagonisti azzurri. Con Inler il Napoli fa, come suol dirsi, il salto 
di qualità. Nel cuore della manovra, non più pazienti maestrini come 
Pazienza (nomen omen) e un coraggioso e testardo fox terrier come il 
Mota Gargano, ma un principe del foro che arringa il gioco. Inler è la 
speranza di un Napoli che cambia passo e autorevolezza in mezzo al campo
 dove si costruiscono i destini delle partite. L'adesione dello svizzero
 al progetto azzurro è totale, sentimentale finanche nella cantata 
gutturale, di timbro elvetico-tedesco, di ‘o surdato ‘nnamurato per 
essere uno di noi. Mazzarri giostrerà nella scelta della "spalla" 
pescando dal tris degli incontristi: Dzemaili, Donadel e Gargano che 
tornerà utile, privarsene sarebbe un errore. Il piccolo guerriero, con 
un ruolo più ristretto, non più lottatore e regista, ma generoso nel 
pressing e nel recupero dei palloni, potrà dare ancora un contributo 
notevole. La Champions richiederà abili turn-over, mentre il campionato 
impone alla squadra la conferma agli alti livelli, in lotta per le prime
 posizioni. Inler assicurerà geometria a centrocampo, assist e aperture 
più rapide e mirate, inserimenti in zona-tiro per spolverare quella 
conclusione che, al "San Paolo", da avversario, fu un razzo magico. Sarà
 un Napoli che porterà palla di meno, come usava Gargano spesso privo di
 soluzioni opportune. I capovolgimenti di fronte avranno in Inler il 
lanciatore prodigioso che non mancherà di pescare al millimetro 
l'azzurro in fuga. Se ne gioveranno gli esterni e Lavezzi (e Mannini può
 tornare utile per spingere sulla fascia destra). Si può sognare un 
Napoli volante, ben bloccato in difesa che è stata, l'anno scorso, la 
seconda del campionato. Il modulo resta uguale, l'affiatamento è 
consolidato, i meccanismi collaudati tanto che i nuovi non hanno trovato
 difficoltà ad inserirsi.
Fonte: Mimmo Carratelli per Il Napolista 

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